A cinque giorni dalla puntata delle Iene con il servizio di Filippo Roma sul caso Unar e dopo l’enorme clamore mediatico che ne è derivato, crediamo sia opportuno avanzare alcune riflessioni su quanto abbiamo visto su Italia 1 e sui social network. Una premessa è d’obbligo: in Italia lo sfruttamento della prostituzione è un reato. E se in uno o in più locali affiliati ad Anddos c’è chi si prostituisce e chi ne trae guadagni, è giusto che si indaghi e che intervengano le autorità preposte. Cosa abbia a che fare questo con tutto il mondo dell’associazionismo lgbtq umiliato e deriso – senza contraddittorio – da una brutta pagina della Tv italiana è ben altra cosa. Il servizio o “inchiesta” in oggetto aveva come titolo: “Orge, prostituzione e Palazzo Chigi paga?”. Ma ancora una volta il facile sensazionalismo voyeuristico di certi media non lascia spazio all’approfondimento, alle distinzioni. E questo è il primo, grave, errore di chi ha scritto e confezionato quel servizio.

L’Unar è l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali che a dicembre ha reso nota la lista delle associazioni che hanno diritto a dei fondi per finanziare i progetti presentati. Tra queste ci sono associazioni cattoliche come realtà che si occupano di combattere l’omofobia e la transfobia. Tra queste c’è ANDDOS, Associazione Nazionale Contro le Discriminazioni da Orientamento Sessuale che ha diritto ad un fondo di 55.560 euro, una minuscola goccia nel vaso dei finanziamenti pubblici. La quota in oggetto – non ancora erogata – avrebbe dovuto finanziare un progetto nato da una collaborazione con l’Università La Sapienza di Roma per uno sportello contro le discriminazioni. Non vi è nessuna prova, quindi, come si evince dal servizio, che i fondi statali avrebbero foraggiato la prostituzione che verrebbe esercitata – secondo Le Iene – in alcuni locali affiliati ad Anddos. Luoghi in cui adulti consenzienti fanno sesso tra loro. Esattamente come avviene nelle centinaia di club privé e locali per scambisti, frequentati da tanti eterosessuali single o in coppia, in crescita nonostante la crisi (come abbiamo raccontato nella nostra inchiesta sui club privé in Italia).

Poi c’è il fango. Le allusioni, i doppi sensi
Una narrazione pruriginosa in cui viene ridotta la comunità Lgbt. Uno strumento perfetto per sdoganare la peggiore omofobia che, puntuale, si palesa nei centinaia di commenti in rete, sulla fan page de Le Iene. “Froci, culattoni, ricchioni finanziati dal governo” sono alcune delle espressioni più ricorrenti. Perché il vero problema per gli autori de Le Iene non è l’eventuale danno erariale, non confermato da alcun elemento ma su cui è giusto che si indaghi, ma il fatto che i protagonisti della vicenda siano associazioni omosessuali.

E non manca il dileggio della persona
L’ex direttore dell’Unar, Francesco Spano, deriso per il colore del suo cappotto cosa ha a che fare con “l’inchiesta giornalistica?”. Il fatto poi che abbia la tessera Anddos non implica, automaticamente, favoritismi nei confronti dell’associazione. Ma Le Iene hanno già emesso la loro sentenza. 

Il sito antibufale BUTAC: “Pessimo servizio fatto con i piedi”
Il linciaggio mediatico orchestrato – non è un caso – in collaborazione con l’integralista Mario Adinolfi è stato sbugiardato anche dall’autorevole sito anti-bufale, Butac che ha parlato di “Un servizio giornalistico fatto coi piedi”. Butac scrive: “Le Iene hanno sicuramente raccontato la storia che volevano, ma come sempre senza alcun approfondimento, gettando discredito su una parte importante del dipartimento per le pari opportunità. Anddos con i soldi che dovrebbe ricevere (no, i soldini sono stati attribuiti solo a dicembre e oggi non ancora distribuiti) aveva messo in cantiere un progetto specifico. Non se li mettevano in tasca e chi s’è visto s’è visto. E non è che i club affiliati Anddos siano di proprietà della stessa associazione, sono solo affiliati”.

Le polemiche politiche. Progetti e vite a rischio?
Dopo il presunto scandalo, la destra è andata all’attacco del Governo. Chiedono la chiusura dell’Unar Lega Nord e Fratelli d’Italia. Anche il Movimento 5 Stelle ha presentato un’interrogazione parlamentare. Polemiche e richieste che mettono a rischio tutti i progetti previsti. Tra questi, la casa-accoglienza per profughi transessuali di Bologna, ma anche i progetti della Comunità di Sant’Egidio, Croce rossa, Amnesty international, Unicef. L’avvocato del Mit Cathy La Torre denuncia: “Il primo aprile saremmo dovuti partire con la casa rifugio per richiedenti asilo Lgbti, avevamo già aperto un canale umanitario con la Giordania dove una trans è agli arresti domiciliari per il suo solo essere transessuale. Poi ce ne sono altre dieci in lista d’attesa che sarebbero state inviate da altri centri di accoglienza in giro per l’Italia. Ora noi non possiamo aprire la casa e non sappiamo dove sistemare queste persone”.
Nelle ultime ore, però, il ministro Maria Elena Boschi ha però fatto sapere che l’unico finanziamento finora annullato è quello di Anddos confermando tutti gli altri.