Mancano poche ore alle elezioni Europee 2019 di domenica 26 maggio (clicca qui per la guida al voto)  e anche in questa tornata elettorale i cittadini fuori sede non potranno votare nella città in cui studiano o lavorano. Il tema dell’esercizio del diritto al voto dei fuori sede sembra non interessare né i partiti, né la stampa. Eppure almeno due milioni di persone sono tagliate fuori, se non si presentano presso il seggio elettorale del comune di residenza. Un vero paradosso se si considera invece che il voto è garantito agli italiani che sono nati o vivono all’estero.

Per tanti nostri concittadini, il voto dunque è un diritto negato: assentarsi dal posto di lavoro per raggiungere la propria città di residenza spesso non è possibile ed è anche un costo non indifferente, nonostante siano previsti sconti su treni, aerei, navi e caselli autostradali. Il paradosso cresce se si considera poi l’entità delle agevolazioni: mentre Trenitalia garantisce sconti tra il 60 e il 70%, Alitalia ha fissato solo una riduzione di 40 euro per un volo nazionale andata e ritorno, una cifra irrisoria rispetto alle tariffe a volte proibitive della compagnia di volo.

Gli appelli lanciati dalle associazioni di studenti, anche quest’anno, sono caduti nel vuoto. Così, oggi, è più facile votare per chi vive in altri stati rispetto a chi sta a Roma o a Milano: chi è iscritto all’Aire (Anagrafe italiani residenti all’estero) non troverà particolari procedure da rispettare, mentre la faccenda si complica per i non iscritti che devono farne esplicita richiesta, 30 giorni prima, tramite Pec (sul sito del ministero degli Esteri tutte le indicazioni – clicca qui).

Quando si parla di astensione in crescita, qualcuno dovrebbe tenere conto anche dei voti negati. E in democrazia non è affare da poco.