«Lucifer è per noi una figura colma di segni, spesso ambigui e insolubili» spiegano Erika Z. Galli e Martina Ruggeri. La pièce della compagnia fondata nel 2005, dopo il suo esordio al Piccolo di Milano, arriva al Festival Romaeuropa il 3 e 4 ottobre – e il 5 in replica straordinaria – negli spazi del Macro Testaccio – La Pelanda. Il mito di Lucifero, attraversato dalla produzione culturale classica e contemporanea, è scarnificato fino a divenire puro riflesso della natura e delle debolezze umane. Il corpo nudo e inerme del protagonista interpretato da PierGiuseppe Di Tanno dialoga con un uovo, simbolo della la vita, colta nella sua originaria compiutezza. Ad accompagnare la scrittura drammaturgica sono le musiche, eseguite dal vivo da Lady Maru, nota dj delle notti capitoline. Lucifer è uno degli spettacoli proposti da Anni Luce la nuova rassegna che la trentaduesima edizione del Romaeuropa Festival – diretta da Fabrizio Grifasi – dedica al nuovo teatro Italiano. Un percorso, curato da Maura Teofili, che vedrà in scena dal 3 all’8 ottobre anche Azzurra De Gregorio, Giuliano Scarpinato e Dante Antonelli – Collettivo Schlab.
Abbiamo incontrato Erika Z. Galli e Martina Ruggeri che in questa intervista si raccontano ai lettori di FACE Magazine.it.

In foto: Erika Z. Galli e Martina Ruggeri di Industria Indipendente.

L’intervista | Industria Indipendente

In Lucifer emerge un teatro potente che attraversa la danza e la musica. Come è nato questo spettacolo e l’idea di portare in scena i dolori di un giovane diavolo?
Lucifer è sicuramente una delle prime auto-rappresentazioni di un legame che si spezza, è incarnazione di chi compie una rivolta contro un ordine precostituito, di chi si fa promotore di diverse possibilità, di chi corrompe lo stato delle cose disgregando l’azione drammatica al fine di mostrare un’altra verità: una nuova composizione del reale che comprende gli stessi pezzi, ma come riassemblati. In questo senso le interpretazioni letterarie e delle sacre scritture hanno proposto questa figura come una sorta di catalizzatore, di cerniera. Lucifer provoca cadute a catena fino a portare il primo essere umano ad essere quello che è: in terra più che in terra. La storia rivela un altro elemento fondamentale, che ci sembra necessario rispetto al nostro qui ed ora: attraverso questa figura ci è ricordata la possibilità e l’urgenza di una responsabilità per ogni essere umano, ovvero prendere una posizione, dover necessariamente scegliere. Una pesante forma di responsabilità, quella responsabilità che Emil Cioran chiamava “condanna”: “(…) gettato sulla terra per imparare a scegliere, l’essere umano sarà condannato all’atto, all’avventura, e non ne sarà capace se non in quanto sopprimerà in sé lo spettatore. Dato che soltanto il cielo permetteva fino ad un certo punto la neutralità, la storia, tutto all’opposto, apparirà come la punizione di coloro che, prima di incarnarsi, non trovano nessuna ragione di parteggiare per uno schieramento piuttosto che per l’altro. Si comprende perché gli esseri umani siano così solleciti nello sposare una causa, nell’agglutinarsi, nel raccogliersi intorno a una verità. Attorno a quale specie di verità?” (Cioran, Squartamento)

Unico oggetto presente in scena è l’uovo. Cosa rappresenta e perché questa scelta?
L’uovo è una cellula femminile, uno stratagemma evoluzionistico, il feto che sta fuori dal corpo e ha varie membrane protettive. Allo stesso tempo è un essere perfetto e potente: facendo forza su i due poli opposti l’uovo non si rompe. D’altro canto può essere estremamente fragile . Lucifer entra in relazione con delle uova di gallina, uova di uccelli che hanno perso la necessità di volare e si sono piantati in terra per continuare a beccare e a nutrirsi, uova di bestie che non possono più sconfiggere la forza di gravità, ridotte in cattività e costrette a un’iperproduttività. Queste uova di gallina siamo noi.

In foto: PierGiuseppe Di Tanno e Lady Maru, protagonisti di Lucifer.

In scena ci sono PierGiuseppe Di Tanno e Lady Maru. Un attore teatrale e una affermata dj romana. Una scelta inusuale per una pièce teatrale…
PierGiuseppe (Pier) è un essere speciale: non è semplicemente un attore e danzatore, ma anche un performer che porta un pensiero scenico e artistico fuori dal comune e senza il quale Lucifer non esisterebbe. È stato il suo corpo e il suo essere a mostrarci questa figura, che abbiamo creato insieme attraverso immagini e parole, con pazienza e cura.
Lady Maru è dj ma anche compositrice di musica techno. Quando abbiamo pensato a questo lavoro volevamo che questo genere di musica in ripetizione fosse una sorta di linea di accelerazione degli accadimenti, il racconto di questa velocità meccanica e ripetitiva con cui siamo costretti a rapportarci.
Queste due personalità, oltre a esistere sulla scena, sono il nostro sottotesto, la scelta di come dipingere questo quadro e la sua composizione.
Al lavoro e alla sua “fotografia” (luci e video) hanno lavorato altri due artisti che stimiamo molto e con cui era già nata una collaborazione per il loro ultimo spettacolo: Luca Brinchi e Daniele Spanò.

Da “I ragazzi del cavalcavia” a “Lucifer”, c’è un filo conduttore che lega le due pièce o si tratta di un nuovo inizio?
In mezzo ci sono stati altri testi e altre drammaturgie, altri pensieri. Sicuramente in entrambi i lavori è stato ed è importante per noi la rifondazione di una realtà attraverso l’uso della lingua e del linguaggio per mettere in rilievo o indagare una tematica.
In entrambi i testi c’è un tentativo di aumentare la lingua e quindi la realtà. Nei ragazzi del cavalcavia risuona un lessico famigliare del nord Italia per raccontare le vicende di un branco di fratelli malati di noia ; Lucifer è in grado di parlare lingue arcaiche o si serve del francese di Emil Cioran per elevare il suo pensiero, ma si esprime in una lingua west che sta per decadere, che è piena di storia e allo stesso tempo sembra apparirci vuota di significato.

Con entrambi gli spettacoli siete arrivate al Piccolo di Milano. Dopo una lunga gavetta nell’underground romano, un bel traguardo, immagino. Che esperienza è stata e come ha reagito il pubblico milanese?
Il pubblico milanese ha reagito davvero molto bene al nostro lavoro, dimostrando calore e regalando agli attori in scena partecipazione e un grado di ascolto fortissimo. È stato per noi molto interessante poter mostrare due testi tanto diversi uno dopo l’altro e vedere molti spettatori tornare dopo la prima sera.

Facendo un passo indietro, come è nata la vostra passione per il teatro e quando avete deciso che sarebbe stata la vostra “strada”?
È nata come un desiderio di guardare una scrittura privata rivelarsi in corpi, immagini e parole e nella possibilità di riscrivere con lo spettatore qualcosa di dissimile rispetto al punto di partenza. Per noi è come si trattasse di una restituzione di sguardi a più livelli e in questa catena di sguardi accadono sempre nuove forme di comprensione e spostamento.
Rispetto ad altri modi di esplorare il pensiero e renderlo altro da noi questo è sicuramente quello che ci sembra il più stratificato, denso e significativo adesso: mettere i nostri occhi di fronte ad altri occhi per un lungo breve momento.

Siete nate nell’underground romano, lavorando sulle performance e la videoarte. Come vedete oggi Roma e la sua scena culturale e creativa?
Roma è piena di creatività di artisti e di personalità che lavorano con devozione e ingegno e questo è visibile nelle numerose produzioni di musicisti, performer, artisti visivi etc. La scena culturale, invece, ha moltissimi problemi dettati dalla mancanza di spazi e di politiche che permettano agli artisti di poter lavorare e restituire alla città questa grande creatività che si esprime solo in alcuni preziosi luoghi, spesso privati o nei festival. Quello che sentiamo come una grande mancanza è l’esistenza di luoghi di aggregazione, di confronto, di spazi in cui produrre, aprire e incontrarsi. In questi ultimi anni le istituzioni stanno letteralmente ammorbando, impedendo e bloccando questa creatività. Le chiusure di spazi occupati, di teatri, di locali storici dell’underground accostate alla mancanza di sostegno sembra essere ormai un dato di fatto con cui dobbiamo fare i conti. Spazi come il Teatro India, il Teatro Valle, il Rialto Sant’Ambrogio (solo per fare alcuni nomi) dovrebbero essere aperti , ri-aperti o riformulati per essere utilizzati come nelle altre città europee: spazi di studio, biblioteche, cinema, luoghi in cui formare spettatori e fruitori di arte e cultura. Stiamo perdendo ogni tipo di possibilità e questo non solo è un grande dispiacere ma anche una forma di involuzione culturale che non parla ci parla solo di questo, ma che si riflette purtroppo anche nel trattamento generale dei cittadini, negli sgomberi, nell’abbandono della tutela dei diritti civili, pubblici e privati . Siamo per questo grate a quegli spazi e a quelle persone che ogni giorno permettono a molti artisti e non solo di esistere e resistere in questa città.

Dopo Romaeuropa dove vedremo Industria Indipendente?
Dopo Romaeuropa saremo al Téâtre Garonne a Toulouse e al festival Actoral di Marsiglia per una mise en espace di un nostro testo tradotto in lingua francese: Supernova. Mentre a Novembre si potrà rivedere Lucifer a Perugia al festival Corsie.

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Info
3 – 4 – 5 ottobre 2017
Industria Indipendente | Lucifer
MACRO Testaccio – La Pelanda
martedì 3 h 21:30, mercoledì 4 h 21
www.romaeuropa.net