Era il 15 marzo del 2011 quando a Damasco si svolse il primo inedito corteo di protesta contro il governo di Bashar Al Assad. A Daraa, nel sud, alcuni studenti di una scuola superiore erano stati arrestati per aver scritto su un muro slogan contro il presidente e in centinaia scesero in piazza. Il governo rispose con la repressione armata e decine di arresti di dissidenti. Nasceva così l’Esercito siriano libero (Esl), in guerra aperta contro Damasco. Erano i mesi delle Primavere Arabe e l’ex presidente Usa Barack Obama confidava, con l’Unione Europea, nell’imminente caduta di Assad. Ma il regime siriano aveva ed ha, tuttora, al suo fianco Russia e Iran e il presidente, dopo 7 anni, è ancora al suo posto.

I bombardamenti russi sono cominciati nel 2015 e insieme a migliaia di miliziani sciiti libanesi, iraniani, afghani e iracheni, organizzati dai Pasdaran iraniani, hanno difeso il regime di Assad. Intanto la Siria e il mondo vedevano espandersi prima Al Qaida e poi l’Isis.

Un bambino viene trasportato dal padre in una valigia.

IL BILANCIO DI 7 ANNI DI GUERRA

In questi 7 anni, la Siria è stata dilaniata da una guerra, combattuta su più fronti. Quella contro i miliziani di Daesh, il sedicente Stato Islamico e gli scontri tra le truppe fedeli al regime e i ribelli, divisi a loro volta tra gruppi islamici e laici. Il bilancio è tragico: l’Osservatorio nazionale per i diritti umani (Ondus) che ha sede a Londra parla di quasi mezzo milione di vittime. Due anni fa, l’inviato speciale dell’Onu Staffan de Mistura parlava di 400.000 uccisi. Gli sfollati sono undici milioni (5,5 milioni di profughi vivono oggi fuori dal Paese e 6,5 all’interno).

Non solo morti e sfollati. La Commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite sulla Siria afferma che le forze di sicurezza governative hanno commesso una quantità enorme di crimini contro l’umanità, abusando sessualmente e fisicamente di donne, uomini e bambini. Lo stupro è regolarmente praticato nelle prigioni del paese mentre sono note a tutti le torture che l’Isis ha inferto su donne, omosessuali, “infedeli” e ribelli. 

I TRE FRONTI DI GUERRA OGGI IN SIRIA

Oggi si combatte soprattutto in tre aree del Paese: nella Ghouta orientale, in parte controllata da gruppi di insorti fondamentalisti; nella regione nord-occidentale di Idlib, controllata da formazioni ribelli e qaediste; ad Afrin, la città curda anch’essa nel nord-ovest sotto l’assedio di forze speciali turche e ribelli loro alleati, ormai quasi caduta, anche se i curdi promettono battaglia per la riconquista.
I combattimenti proseguono anche in queste ore e, solo negli ultimi giorni, sono stati centinaia i morti nella Ghouta orientale e ad Afrin, con oltre 250mila civili in fuga. La risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu approvata il 24 febbraio scorso all’unanimità chiedeva una tregua umanitaria di 30 giorni in tutto il Paese. Ma non è mai stata applica ed oggi si continua a morire nell’indifferenza del mondo.     (Foto copertina: Getty Images).