Sono passati poco meno di 150 anni dalla corsa all’oro che ha arricchito Melbourne facendole meritare l’epiteto di marvellous, ma la città continua a brillare. Sono ormai un ricordo lontano i grandi tetti alla francese, le architetture vittoriane, il fascino di un Ottocento antipodale dal sapore europeo. Gran parte delle gallerie, dei teatri, dei cinema sono stati demoliti per far spazio a lucentissimi grattacieli, simili a giganteschi accendini. Lo skyline della città potrebbe essere quello di una qualsiasi altra città dell’Asia o degli Usa, ma Melbourne ha una sua particolare verve: negli interstizi del caotico Central Business Distric – apparentemente tutto simile a se stesso, ci sono piccoli posti della poesia. Posti in cui l’aria indaffarata delle persone si sospende magicamente lasciando spazio alla sorpresa. Non è raro perdere per un momento l’orientamento e ritrovarsi sotto la cupola di vetro di una galleria ottocentesca, in una lane zeppa di ristorantini, o in un nugolo di viuzze totalmente dedicate alla street art.

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Può capitare di trovare una pub con terrazza o una palestra al quattordicesimo piano di un palazzo, un negozio vintage con annesso poetry bookshoop o un’intera fabbrica di mattoncini rossi all’interno di una stazione. Addirittura un lago salato totalmente rosa in pieno centro. Per non parlare del fascino esotico che si può subire nel trovare opossum, variopinti pappagalli e pipistrelli giganteschi perfettamente integrati nel tessuto urbano. E’ possibile imbattersi in un aborigeno che soffia nella lunga canna di un didgeridoo, che ti trasporta nella notte dei tempi in un momento, come è possibile imbattersi in un dj di musica elettronica, attorniato da persone di ogni età.

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Il tracciato di Bourke St., una delle più importanti vie dello shopping, è puntellato da una miriade di artisti di ogni tipologia, nazione ed età. In un primo momento i musicisti, poeti, istrioni, burattinai, prestigiatori sembrano stridere con le vetrine tirate a lucido, le buste, i passi affrettati. Spesso si tratta di viaggiatori che cercano di mettere da parte soldi per il loro giro intorno al mondo, altre volte trapiantati, altre volta ancora semplici melburnians. Ed è proprio attraverso loro che si comprende lo spirito della città, votata al cosmopolitismo e alla valorizzazione della diversità: lo scuro campanile di una chiesa in blue stone può essere sovrastato da un grattacielo nero, un ristorante italiano affiancato da uno thailandese e da uno messicano. Per le strade si incrociano occhi che provengono dai più disparati angoli della terra, ma nella diversità dei colori e delle forme si percepisce una fondamentale armonia e omogeneità.

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I mille volti della città si scoprono esplorando i quartieri e sobborghi che costellano l’area metropolitana: dall’aria rilassata e vagamente hippie di St. Kilda – affacciata sull’oceano, a quella alternativa di Brunswick – ricca di negozi vintage e locali che vanno dal radical chic al trendy, fino all’atmosfera londinese di Footscray.
Melbourne, una delle 11 capitali Unesco della letteratura, è una città che va sfogliata pazientemente e senza intenzioni. Una città in cui la voglia di novità viene sempre premiata con la serendipità, una città il cui valore aggiunto sono le differenti culture che si vanno a sedimentare, senza mai sovrastarsi. Una città il cui ribollente melting pot è sempre pronto a tirare fuori interessanti proposte artistiche che poco hanno da invidiare alle metropoli europee, spesso succubi della propria storia millenaria.