Lo scorso 18 ottobre 2019, un aumento di 30 pesos del prezzo del biglietto dei trasporti pubblici, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Dietro questa motivazione, apparentemente superficiale, si nascondono decenni di abusi di potere, disuguaglianze e ingiustizie sociali. “Una dittatura in democrazia”, si legge in diversi striscioni affissi dai manifestanti sui muri della città. Santiago del Cile è in piazza da tre mesi, tra scontri durissimi e un popolo che non vuole arrendersi. Ad ottobre, il presidente Sebastián Piñera aveva in parte ceduto alle pressioni della piazza, annunciando un rimpasto di governo, con 8 nuovi ministri e il ritiro dello stato di coprifuoco, con cui aveva sospeso le libertà. La protesta però non si è fermata e va ancora avanti, in un Paese dilaniato dalla crisi e dall’insoddisfazione generale che attraversa l’opinione pubblica, in modo trasversale. 

In queste ore, le strade del centro della capitale cilena sono di nuovo in fiamme, con nuovi scontri davanti al Palazzo del governo, hotel e centri commerciali bruciati.

I motivi della rivolta

Dietro la violenta insurrezione sociale scoppiata contro il presidente Piñera ci sono le diseguaglianze crescenti, l’accesso ai servizi sanitari e l’istruzione molto carenti, la concentrazione della ricchezza nelle mani di una minoranza, l’impunità per la corruzione diffusa. Negli ultimi anni, con i due governi di Michelle Bachelet ci sono stati dei miglioramenti del welfare, anche sotto la spinta delle proteste di piazza studentesche. Oggi, però, il Cile di Piñera è diventato il nuovo fronte caldo del Sudamerica.

Poco tempo fa, il presidente – da dicembre 2018 alla guida di una coalizione di centro destra – aveva definito lo Stato latinoamericano “un’oasi di pace”. Ma secondo i dati della Banca Mondiale, il Cile risulta essere il secondo paese più ‘disuguale’ al mondo, dopo il Qatar.

Un milione in piazza a Santiago (Afp-Corriere.it)

Quello cileno di questi mesi è uno scenario fatto di incendi, scontri, stato d’emergenza, coprifuoco che da Santiago si è esteso ad altre città importanti del Paese, come Valparaiso, Concepcion e Iquique. In Cile, una situazione simile non si vedeva da decenni e riporta indietro ai tempi della dittatura di Pinochet.

La via del dialogo scelta dal presidente non basta e il bilancio resta molto pesante, con decine di morti e centinaia tra gli arresti e i feriti.