Gli ultimi 2 casi di femminicidio sono di poche ore fa. A Napoli, una donna di 37 anni è stata trovata morta nel suo appartamento, in casa c’era il marito e poco prima della tragedia, tra i coniugi, ci sarebbe stata una lite. A Messina, invece, Christian Ioppolo, 26 anni, ha ammesso di avere ucciso la fidanzata di 23 anni, Alessandra Immacolata Musarra. Da Palermo arriva, invece, la storia sconvolgente di una ragazza, picchiata e abusata per anni dai genitori. Aveva solo 15 anni quando sua madre le ha urlato contro: “Meglio una figlia morta che lesbica”. Dopo anni e tre tentativi di suicidio, ha trovato la forza di denunciare.
Anche l’8 marzo si macchia di sangue: in Italia, solo dall’inizio dell’anno sono dieci le donne uccise, due quelle ferite in modo grave. Una strage che non ha fine: nel 2018 sono state uccise oltre 100 donne, quasi sempre da compagni, ex mariti o fidanzati. Nel mondo, sono 7 milioni le donne picchiate, maltrattate o violentate.
Pochi giorni fa un’altra ferita nel cuore delle donne: una ‘tempesta emotiva’ determinata dalla gelosia ha attenuato la responsabilità di Michele Castaldo, 57 anni, che ha ucciso la compagna a Bologna. Anche sulla base di questo ragionamento la Corte di appello gli ha quasi dimezzato la pena. In tanti hanno parlato di ritorno del delitto d’onore, abrogato dal nostro ordinamento nel 1981.
Non si può dire che l’Italia sia un paese a misura di donna. Il vergognoso volantino dei militanti leghisti di Crotone, al centro della bufera mediatica in queste ore, addita come nemico della donna «chi contrasta culturalmente il suo ruolo naturale volto alla promozione e al sostegno della vita e della famiglia»: ovvero i gay, i migranti, l’autodeterminazione femminile rea di «un atteggiamento rancoroso e di lotta nei confronti dell’uomo», la procreazione assistita. Gli autori del volantino, interpellati, hanno perfino minimizzato la gravità dei femmicidi che non sarebbero «violenza di genere» dal momento che spesso «avvengono perché una coppia si sfascia e il marito o la moglie tradiscono». Tutti i partiti hanno condannato le parole dei militanti calabresi e la Lega ha preso solo in parte le distanze. D’altronde, quello di Matteo Salvini è lo stesso partito che propone il Dl Pillon, contestatissimo dalle opposizioni, dai movimenti per i diritti civili, dalle femministe. Il M5S ha assicurato che non lo voterà e che non è nel programma di governo, ma preoccupa – e non poco – il rischio che il centrodestra unito possa votarlo segnando un clamoroso e inquietante salto nel passato.

Intanto, le destre e i movimenti per la vita continuano a promuovere e patrocinare convengi sulla “famiglia naturale”, attaccando i diritti civili acquisiti e perfino le leggi dello stato, come la 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza, ancora non attuata in molti ospedali: in Italia del nord il 64,5% dei medici sono obiettori, in Veneto lo è il 73,7%, in altre regioni si arriva al 90%.
In Liguria, un mese fa, la Regione ha approvato una mozione di Fratelli d’Italia dal sapore antiabortista, chiamata “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza”. Il fondamentalismo non conosce limiti: pochi giorni fa, un ginecologo dell’ospedale di Giugliano di Napoli, appellandosi all’obiezione di coscienza, è stato licenziato dopo che si è rifiutato di praticare un aborto farmacologico su una donna incinta di 18 settimane, arrivata al pronto soccorso in gravissime condizioni.
Il maschilismo italico è una piaga che sembra impossibile sradicare. Anche tra i pubblicitari e gli “esperti” di marketing, evidentemnte: solo ieri, infatti, Trenitalia ha umiliato le donne annunciando che l’8 marzo regalerà una caramella ad ogni donna che ne farà richiesta al bar. Dopo le proteste, l’iniziativa è stata annullata.
Il corpo delle donne continua ad essere strumento di propaganda e, oggi più che mai, non c’è davvero nulla da festeggiare.