Ad una settimana dal giorno della consultazione sono arrivate le prime scuse per le violenze della Guardia Civil durante lo svolgimento del referendum sull’indipendenza della Catalogna. La parola “scusate” – mai pronunciata nel discorso alla nazione del re Felipe VI – è comparsa in un intervento del prefetto spagnolo in Catalogna Enric Millo. Tuttavia è stata confermata l’accusa di sedizione per il capo della polizia catalana Trapero che resta in libertà ma rischia 15 anni di carcere. Puigdemont intanto ha rinviato a martedì il suo intervento in Parlamento e il giudice di Barcellona ha aperto un’inchiesta contro le violenze della polizia.

La Corte blocca la dichiarazione di indipendenza
La Corte costituzionale spagnola, ammettendo un appello presentato dal Partito dei socialisti di Catalogna, ha sospeso la sessione plenaria del Parlamento catalano prevista inizialmente per lunedì, che avrebbe dovuto approvare una dichiarazione d’indipendenza. Il primo ministro spagnolo, Mariano Rajoy, invita il presidente catalano a rinunciare “nel più breve tempo possibile” al suo progetto. Rajoy ha detto: “C’è una soluzione? Sì, la migliore è il veloce ritorno alla legalità e l’affermazione nel più breve tempo possibile che non ci sarà una dichiarazione unilaterale di indipendenza, perché in questo modo si eviteranno danni maggiori”. Ma le proteste non si fermano. Il movimento popolare ‘Parlem?’ (parliamo) ha convocato per sabato manifestazioni davanti ai municipi a favore del dialogo in Spagna, chiedendo ai partecipanti di vestirsi di bianco, portare cartelli e dipingersi le mani dello stesso colore, evitando le bandiere. E domenica a mezzogiorno si terrà un’altra manifestazione, di Societat Civil Catalana, contraria all’indipendenza, che a Barcellona sfilerà con lo slogan ‘Basta! Recuperiamo il senno!”.

Il presidente catalano Carles Puigdemont non lascia margini di dialogo con Madrid. E non si placano le polemiche sul discorso di Re Felipe che aveva promesso: «Difenderemo la Costituzione e l’unità». Un «discorso spaventoso, un errore da tutti i punti di vista», per Puigdemont. Il presidente catalano afferma che se verrà respinta la richiesta di mediazione internazionale, si proseguirà verso la secessione della regione. Il premier Rajoy non esclude l’applicazione dell’articolo 155 della Costituzione, che porterebbe alla sospensione dell’autonomia di Barcellona. E intanto il Partito Popolare annuncia una grande manifestazione a Barcellona degli unionisti.

In foto: il premier spagnolo Mariano Rajoy. (fonte: facebook/marianorajoy)
In foto: il premier spagnolo Mariano Rajoy. (fonte: facebook/marianorajoy)

Le elezioni di domenica. I risultati e le reazioni
Sui 5.300.000 aventi diritto, i votanti sono stati 2.262.000. Il Sì ha ottenuto il 90%, mentre i No si sono fermati al 7,8%. Domenica, i catalani sono stati chiamati alle urne per votare al Referendum sull’indipendenza dalla Spagna. Un quesito illegale e incostituzionale per il governo centrale spagnolo che ha cercato in ogni modo di bloccare la consultazione, chiudendo molti seggi, sequestrando le relative schede e caricando gli elettori in fila ai seggi. Il risultato – che non sarà riconosciuto dal governo centrale –  è un vero trionfo per gli indipendentisti, nel giorno più lungo della Catalogna. Il bilancio degli scontri tra la polizia spagnola e il popolo catalano è stato altissimo: oltre 800 feriti. Si è chiusa così una giornata di cariche e tensione. Fin dalla mattinata di domenica la Guardia Civil ha spostato con la forza la gente in coda ai seggi.  I catalani si erano presentati sotto la pioggia per votare fin dalle prime luci dell’alba. Un atto di “repressione franchista”, hanno denunciato le autorità catalane. Alcuni video mostrano come la polizia abbia persino sparato contro le persone usando proiettili di gomma. “Una vergogna per lo Stato, ma ora indipendenza”, ha detto il presidente catalano Carles Puigdemont.  I Mossos d’Esquadra – la polizia catalana – invece non sono intervenuti. Dopo i controlli, gli agenti hanno lasciato i seggi fra gli applausi delle tantissime persone in fila per votare. 


“Oggi non c’è stato alcun referendum. È stato una messinscena, una sceneggiata ignorata dalla maggioranza dei catalani. Siamo una democrazia tollerante ma ferma, abbiamo rispettato la legge e la Costituzione, reagito con fermezza e serenità. Domani convocherò le forze politiche parlamentari per riflettere sul futuro”. Con queste parole, il premier Mariano Rajoy è intervenuto per commentare quanto accaduto. E lunedì, a Madrid il premier ha convocato i leader dei principali partiti nel tentativo di trovare una mediazione.

“La brutalità ingiustificata della polizia contro gli elettori catalani è una vergogna che accompagnerà per sempre l’immagine dello Stato spagnolo”, ha detto Puigdemont. “Un capo del governo codardo ha inondato di polizia la nostra città. Barcellona città di pace, non ha paura”, è stato il tweet della sindaca di Barcellona, Ada Colau. Molto duro è stato anche l’intervento del leader di Podemos Pablo Iglesias: “Manganelli, anziani travolti. Quanto sta facendo il Partido Popular alla nostra democrazia mi ripugna. Sono corrotti, ipocriti, inutili”. Anche Gerard Piquè si è recato al seggio per votare, tra gli applausi e i flash dei fotografi. “Tutto questo è una vergogna, le immagini parlano da sole”, ha detto il difensore catalano.

Ecco alcuni video pubblicati dall’Agenzia Vista che mostrano gli scontri tra i catalani e la polizia nazionale.