La conferenza di Glasgow sul Clima si è chiusa con un’intesa indebolita, rinvii e alcuni passi in avanti. I maggiori risultati: riscaldamento sotto 1,5° C e il patto Usa-Cina. Critiche associazioni e Ong. Per Greta: “Ecco il riassunto: Bla, bla, bla”.
Dopo due settimane di incontri, la Cop26 di Glasgow si è chiusa con un’intesa sull’impegno internazionale contro l’emergenza climatica, ma indebolita dal blitz finale dell’India, sostenuto dalla Cina, sul carbone. Nel documento finale, la novità più rilevante è i che Paesi del mondo si impegnano a mantenere il riscaldamento globale sotto 1,5 gradi dai livelli pre-industriali. L’Accordo di Parigi del 2015 metteva come obiettivo principale i 2 gradi, e 1 grado e mezzo come quello ottimale. Con Glasgow, 1,5 gradi diventa l’obiettivo principale, e 2 gradi soltanto il Piano B.
Quanto alla decarbonizzazione, l’obiettivo minimo per tutti gli stati firmatari è un taglio del 45% delle emissioni di anidride carbonica al 2030 rispetto al 2010 e zero emissioni nette intorno alla metà del secolo. Il testo invita i Paesi a tagliare drasticamente anche gli altri gas serra (metano e protossido di azoto) e a presentare nuovi obiettivi di decarbonizzazione (Ndc, National Determined Contributions) entro la fine del 2022.
La Cop26 ha riconosciuto l’importanza di giovani, donne e comunità indigene nella lotta alla crisi climatica e ha stabilito che la transizione ecologica dovrà essere giusta ed equa.
Il documento invita i Paesi ad accelerare sull’installazione di fonti energetiche rinnovabili e sulla riduzione delle centrali a carbone e dei sussidi alle fonti fossili.
Quanto agli accordi internazionali raggiunti durante la Cop26, la novità più eclatante è il patto di collaborazione fra Usa e Cina sulla lotta al cambiamento climatico. Le superpotenze rivali hanno accettato di lavorare insieme su tutti i dossier che riguardano il clima, dalle rinnovabili alla tutela degli ecosistemi.
Un passo in avanti sono le linee guida per tre previsioni dell’Accordo di Parigi che finora erano rimaste inattuate: il mercato globale delle emissioni di carbonio (articolo 6), il reporting format con le norme con cui gli stati comunicano i loro risultati nella decarbonizzazione (trasparenza) e le norme per l’attuazione dell’Accordo di Parigi (Paris Rulebook).
La Cop26 invece ha fallito sugli aiuti ai Paesi meno sviluppati per affrontare la crisi climatica: nel testo non è fissata una data per attivare il fondo da 100 miliardi di dollari all’anno in aiuti per la decarbonizzazione. Anche dopo Glasgow, dunque, il fondo rimane una promessa. Inoltre, non è previsto un fondo apposito per ristorare le perdite e i danni del cambiamento climatico nei Paesi vulnerabili, uno strumento chiesto a gran voce a Glasgow dagli stati più poveri.
Nel documento finale c’è anche l’accordo fra 134 paesi (compresi Brasile, Russia e Cina) per fermare la deforestazione al 2030, con uno stanziamento di 19,2 miliardi di dollari, e quello per ridurre del 30% le emissioni di metano al 2030 (ma senza Cina, India e Russia). Venticinque paesi (fra i quali l’Italia) hanno deciso di fermare il finanziamento di centrali a carbone all’estero e altri 23 di cominciare a dismettere il carbone per la produzione elettrica.
Circa trenta Paesi e 11 produttori di auto (ma non c’è l’Italia) si sono impegnati a vendere solo auto e furgoni a zero emissioni entro il 2035 nei Paesi più sviluppati ed entro il 2040 nel resto del mondo.
Inoltre, più di 450 aziende, che rappresentano 130.000 miliardi di dollari di asset, hanno aderito alla coalizione Gfanz, che si impegna a dimezzare le emissioni al 2030 e ad arrivare a zero emissioni nette al 2050.
In Glasgow, the world came together for our planet and people to finalise the Paris Agreement.
Countries at #COP26 increased their ambition and took real #ClimateAction.
With the Glasgow Climate Pact, 1.5 is within reach.#TogetherForOurPlanet pic.twitter.com/kVePvbwQsk
— COP26 (@COP26) November 14, 2021
La mancata intesa sullo stop al carbone e l’assenza di impegni chiari sul fondo per i Paesi più vulnerabili, sono al centro delle critiche da parte di associazioni e Ong.
Per il Wwf la Cop26 si è conclusa “con decisioni deboli in una serie di aree importanti, tra cui l’adattamento, il cosiddetto Loss and Damage (perdite e danni) e la finanza climatica.
Per Greenpeace: “È un accordo debole e manca di coraggio. L’obiettivo di limitare il riscaldamento globale entro la soglia di 1,5 gradi è appeso a un filo ma è stato dato un chiaro segnale: l’era del carbone è agli sgoccioli e questo conta. Mentre si riconosce la necessità di tagliare in modo drastico le emissioni già in questo decennio, gli impegni sono stati però rimandati al prossimo anno. I giovani cresciuti con la crisi climatica non potranno tollerare altri rinvii. Perché dovrebbero quando lottano per il loro futuro?”.
Duro il giudizio di Greta Thunberg: “La Cop26 è finita. Ecco un breve riassunto: Bla, bla, bla. Ma il vero lavoro continua fuori da questi saloni. E noi non ci arrenderemo mai, mai”, ha scritto su Twitter.
The #COP26 is over. Here’s a brief summary: Blah, blah, blah.
But the real work continues outside these halls. And we will never give up, ever. https://t.co/EOne9OogiR
— Greta Thunberg (@GretaThunberg) November 13, 2021