È stata la giornata chiave per la crisi di Governo: alle 15,09 di martedì 20 agosto Giuseppe Conte ha preso la parola per “riferire sulla crisi di governo innescata dalle dichiarazioni del vicepremier e leader della Lega Matteo Salvini”. In serata, il premier è salito al Quirinale e si è dimesso.
Il discorso di Giuseppe Conte è stato forte e deciso, con un attacco molto duro, su tutti i fronti, nei confronti del ministro dell’Interno. Per Conte, Salvini “ha perseguito interessi personali e di partito. Preoccupa quando chiede pieni poteri e invoca le piazze. Mi assumo io il coraggio che manca a Salvini, il Governo finisce qui, dopo il dibattito andrò da Mattarella“, ha detto il premier. “Su Moscopoli avresti dovuto chiarire in Aula”, ha aggiunto Conte rivolgendosi al leader leghista, tra gli applausi anche del centro sinistra. Non è mancato neanche l’affondo sul piano personale: “Evita di accostare slogan politici a simboli religiosi, l’incoscienza religiosa rischia di offendere credenti e oscurare il principio di laicità”. Il vicepremier ha replicato alzando le spalle, allargando le braccia e baciando il rosario. Nel suo intervento, Salvini ha risposto dicendo: “Rifarei tutto quello che ho fatto, la crisi è colpa dei signor No”.

Dopo il discorso di Conte, la Lega ha ritirato la mozione di sfiducia al premier. Una parziale marcia indietro di Matteo Salvini che ha aggiunto: “Per le riforme ci siamo”. La risposta del presidente del consiglio è stata gelida: “Basta giravolte”.
Dalle opposizioni, Matteo Renzi ha detto: “Salvini ha creato clima d’odio come in Alabama. Il nuovo governo sarà senza di me”. Il segretario del Pd Nicola Zingaretti invece detta la linea, che la direzione del partito ha approvato per acclamazione: “5 punti per trattare con il M5S. No accordicchi, governo di svolta. O c’è un esecutivo di legislatura o il voto”.
Gli scenari possibili, escluso il voto, sono sostanzialmente cinque.
Il modello Ursula. Si tratta della proposta di Romano Prodi di includere Forza Italia, dal nome di Ursula Von Der Leyen, la neopresidente della commissione europea votata fra gli altri anche dal Partito democratico, Cinque Stelle e Forza Italia. Il “patto di legislatura alla tedesca” non dispiace a Forza Italia e ai suoi padri nobili.
Le altre ipotesi sono l’alleanza tra Pd-5S-Leu; un governo tecnico o di scopo; un nuovo patto gialloverde (molto improbabile dopo gli ultimi scontri tra Conte e Salvini); un governo di minoranza monocolore del M5S, sostenuto dal Pd.
In questo momento, lo scenario più probabile, sebbene molto difficile, è il governo 5S-Pd.
I 5 punti che Zingaretti detta, come condizione di dialogo con i 5 Stelle sono: “Appartenenza leale all’Unione europea; pieno riconoscimento della democrazia rappresentativa, a partire dalla centralità del parlamento; sviluppo basato sulla sostenibilità ambientale; cambio nella gestione di flussi migratori, con pieno protagonismo dell’Europa; svolta delle ricette economiche e sociali, in chiave redistributiva, che apra una stagione di investimenti”. Un programma su cui i cinquestelle sarebbero disposti a ragionare. Resta anche il nodo del premier: i 5 Stelle vorrebbero un governo Conte bis, ma il Pd preme per un esecutivo di svolta rispetto al precedente e pone il veto “su tutti gli ex”.
Dopo che saranno terminate le consultazioni del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, iniziate alle 15 con i presidenti di Camera e Senato, tutto sarà (forse) più chiaro.