«La gente descrive la sordità come un handicap, ma a me non preoccupa, perché la considero il mio più grande vantaggio che ho sugli altri giocatori». Parole di Duck Hee Lee, che descrivono come poche altre la forza, il carattere e la semplicità di questo ragazzo sudcoreano di 17 anni, sordo dalla nascita, che sta facendo parlare di sé il circuito tennistico mondiale, essendo considerato una delle più promettenti rising stars della sua generazione.

Duck Hee Lee gioca a tennis da quando aveva sette anni e proprio in quello stesso anno scopre di essere sordo. Il suo percorso tennistico sembra quindi non iniziare con il migliore degli auspici, anche perché le prime volte che giocava a tennis gli sembrava una disciplina troppo difficile e non avrebbe voluto continuare. Ma presto scopre di avere talento e inizia a macinare gioco, a sconfiggere gli avversari, a scalare le classifiche. Diventa il più giovane giocatore di sempre ad entrare nei primi mille del Ranking ATP (la classifica ufficiale del tennis maschile internazionale), oggi è il numero 229 del mondo e si appresta a realizzare uno dei suoi sogni, quello di partecipare ad uno dei quattro tornei del Grande Slam. Nei prossimi giorni Lee parteciperà infatti alle qualificazioni degli Australian Open, dove potrà finalmente gustare quell’atmosfera magica che si respira nei quattro Major.

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In apparenza può sembrare una storia come tante, ma se si analizzano le difficoltà che incontra un giocatore sordo nel tennis si capisce quanto questo ragazzo sia speciale. Il tennis in un certo senso è lo sport del silenzio, in cui il pubblico tace rigorosamente e osserva gli scambi dei giocatori, ascoltando i suoni della pallina che rimbalza e impatta sulle racchette. Il suono della pallina è quasi una melodia per gli appassionati di tennis, ma per i giocatori è un punto di riferimento essenziale: capiscono in questo modo il momento esatto in cui la racchetta colpisce la pallina, ma anche il tipo di impatto. Dal suono si può capire infatti la forza con cui la pallina è colpita, si può intuirne la traiettoria e il ritmo imposto dall’avversario: tutti questi riferimenti un giocatore sordo non li ha.
Duck Hee Lee non ha mai udito il suono della racchetta e parte quindi con un grosso svantaggio. Eppure riesce a sorprendere tutti con i suoi risultati, ma anche con le sue dichiarazioni: «Non posso udire sin dalla nascita, per cui non me ne sono mai interessato» ha affermato Lee in una intervista a Vice, riferendosi al suono della racchetta «Ho sviluppato i miei metodi. Anche se non odo la pallina, la sento in maniera istintiva. La mia vista e la percezione del mio corpo rimpiazzano il mio handicap uditivo. Posso capire come il mio avversario sta per colpire la pallina guardando lui, come impatta la pallina, il modo in cui prepara il colpo. I miei occhi rimpiazzano i miei orecchi».

Insomma, come affermano diversi osservatori, Duck Hee Lee ha una enorme forza mentale e anche una grandissima umiltà che esprime non solo con il suo durissimo lavoro, ma anche a parole. Per lui addirittura la sordità è «un dono speciale che i giocatori normali non hanno. Non vengo mai distratto dal pubblico, dal mio avversario, da nulla. Questo significa che mi posso concentrare maggiormente sul mio gioco».

Certamente Duck Hee Lee è un giocatore speciale e il suo grande talento lo ha portato a essere uno dei giovani più promettenti del circuito. Attualmente è infatti il secondo giocatore più in alto nel Ranking ATP tra gli under 18, davanti a lui c’è solo l’americano Francis Tiafoe, attualmente numero 176 del ranking mondiale. Nel 2014 ha vinto il suo primo torneo Future e da allora è riuscito a vincerne in totale sei. Il talento del giovane sudcoreano è ormai riconosciuto dai bookmaker, compreso William Hill Italia, che nei tornei Future in cui gioca lo pone quasi costantemente come favorito d’obbligo. Le sue quote inoltre si stanno abbassando anche quando gioca nei tornei Challenger, dove militano anche numerosi top 100 del ranking.

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La sua storia si incrocia poi con quella degli altri giovani della sua generazione, quella più promettente, l’unica forse grado, anche solo per motivi anagrafici, di far tramontare le tre star che da più di un decennio dominano il palcoscenico tennistico mondiale: Federer, Nadal e Djokovic, rispettivamente classe 1981, 1986 e 1987. Le generazioni successive, dal 1989 al 1994, non hanno prodotto giocatori in grado di incrinare il dominio dei tre fenomeni. Le classi 1995 – 1998 sembrano invece di tutt’altra pasta e il sudcoreano, insieme a Tiafoe, Rublev, Kozlov, Chung, Zverev e Coric potrebbe mandare in pensione i dominatori del tennis degli ultimi anni.
E intanto, con la consueta concentrazione, Duck Hee Lee si prepara a giocare le qualificazioni degli Australian Open, dove si appresta a realizzare uno dei suoi più grandi sogni. L’altro, quello di diventare il numero uno del mondo, può ancora attendere.