I giornali lo hanno scritto a caratteri cubitali: il coming out di monsignor Charamsa, avvenuto proprio alla vigilia del Sinodo della Chiesa cattolica sulla famiglia, ha riportato alla ribalta la posizione del Vaticano nei confronti degli omosessuali. Ma il teologo polacco, segretario della Commissione teologica vaticana, componente della Congregazione per la dottrina della fede, autore di questa vera e propria deflagrazione, è andato oltre: presentando alla stampa il suo compagno di origini catalane, ha rivolto un appello alla Chiesa chiedendo di riconoscere una “famiglia anche per l’amore omosessuale”. Inutile dire che l’unica reazione delle gerarchie vaticane è stata quella di rimuovere Krzysztof Charamsa da ogni incarico. Lui, da parte sua ha annunciato di avere pronto un libro in italiano e in polacco e che il suo futuro sarà in Spagna, proprio con l’uomo che ama da anni.

L’ultimo scandalo che ha fatto irruzione nei giorni del Sinodo sulla Famiglia, svoltosi dal 3 al 25 ottobre, è stata l’intervista raccolta dal programma L’Aria che tira su La7 a don Gino Flaim, collaboratore pastorale della chiesa di San Pio X a Trento, che ha giustificato i pedofili – perchè “sono i bimbi che cercano affetto” – e condannando gli omosessuali. Il prete, poi rimosso dal suo incarico, non ha smentito e ha confermato quanto detto, durante la sconvolgente intervista.

È stato un Sinodo attraversato da polemiche, nuovi e vecchi scandali, ataviche ipocrisie e una svolta “a destra” che ha deluso il fronte progressista che tanto ha sperato, evidentemente illudendosi, in papa Francesco. L’arcivescovo di Parigi Vingt-Trois, subito dopo l’apertura dei lavori, era stato chiaro avvisando i giornalisti: “se vi aspettate stravolgimenti nella dottrina resterete delusi”. E così è stato.
Per un solo voto è stata accolta la possibilità di ricevere la comunione per i divorziati. Ma dopo una valutazione di ogni singolo caso. Che in pratica vuol dire tutto e niente. Resta fermo dunque il principio dell’indissolubilità del matrimonio. Nessuna apertura sui diritti per le coppie glbt: per i padri sinodali l’unica famiglia è quella tradizionale e non c’è spazio per nessun’altra forma d’amore. Misericordia e inclusione sono state le parole con il papa ha commentato il documento approvato – con i due terzi – dal Sinodo. Così come il termine discernimento, che è parso un messaggio rivolto ai più tradizionalisti che evidentemente non hanno colto.

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Papa Francesco, forse intuendo divisioni e lacerazioni, aveva giocato d’anticipo, chiarendo che il Sinodo non è un parlamento in cui si scende a compromessi e negoziati. L’impressione, in effetti, è proprio questa: se si volesse fare un parallelismo con il mondo della politica, si potrebbe dire che ha vinto il fronte dei conservatori, con buona pace delle esternazioni mediatiche di Papa Francesco. Il papa dall’accattivante accento argentino, che si reca in centro a Roma per acquistare un paio di occhiali, che rifiuta il protocollo ingessato dei suoi predecessori, che parla della necessità di una “Chiesa dalle porte aperte”, pare non riesca ad avvicinare davvero l’Istituzione che rappresenta al mondo reale. E non si capisce neanche quanto lo voglia davvero. Dopotutto va detto che Bergoglio sembra ostaggio di un processo mediatico da lui stesso avviato ma non supportato da fatti concreti: nel suo ultimo viaggio in America, lo stesso pontefice del “chi sono io per giudicare un omosessuale?” ha incontrato un suo ex allievo apertamente gay, ma anche Kim Davis, l’impiegata comunale del Kentucky che è stata arrestata dopo aver rifiutato la licenza matrimoniale a diverse coppie gay, come previsto dalla legge. Bergoglio, incalzato dai giornalisti si è limitato a difendere e ad invocare “l’obiezione di coscienza come un diritto umano per ogni istituzione giuridica”. Si è poi lasciato andare quasi irritato a giudizi sul Sindaco di Roma Ignazio Marino, mostrando il vero atteggiamento del Vaticano nei confronti del vicino di casa, per la gioia dei tanti detrattori del primo cittadino. Papa Francesco opinionista prima ancora che pontefice. Papa Francesco che entusiasma e infiamma le folle. Il fronte conservatore sulle tematiche lgbt non ha dubbi ed è supportato da buona parte della stampa “laica”: Bruno Vespa, dal salotto di Porta a Porta, trattando la notizia, ha parlato di “lobby gay all’attacco di Papa Francesco”, definendo il coming out del teologo polacco un’azione condannata “dai gay seri”.

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Ma, sia chiaro, gli alti prelati non sentenziano solo sui diritti glbt. Se ne è accorta anche la scrittrice Simona Vinci “colpevole”, secondo la curia di Bologna, di non rispettare l’istituzione del matrimonio. La Vinci giorni fa si è sposata con rito civile nel municipio di Budrio e subito dopo, sulla sua pagina facebook ha ricordato la totale assenza di diritti civili per le coppie gay ed etero: “ci siamo sposati” – ha scritto – “per tutelare nostro figlio e perché le leggi dello Stato Italiano non garantiscono l’assistenza e la facoltà decisionale della compagna e del compagno di vita in caso di gravi malattie che purtroppo possono capitare a tutti. Per quanto mi riguarda non ho mai avuto il mito del matrimonio romantico e trovo una pagliacciata tutto ciò che ruota attorno ad un contratto”. Il tribunale ecclesiastico, dinanzi a queste parole, ha chiesto al Sindaco Giulio Pierini di considerare nulla l’unione. Critiche rispedite al mittente: dopotutto, se il matrimonio è stato celebrato civilmente, che ruolo ha la Curia per entrare a gamba tesa nella sfera intima e personale di due persone?

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Sono solo alcuni esempi, dei più eclatanti, avvenuti in questi giorni, a ridosso del Sinodo sulla famiglia che ha visto per oltre due settimane 270 padri sinodali discutere e affrontare molti nodi, tra i quali, la comunione ai divorziati e alle coppie di fatto nel solco delle aperture del Pontefice. Che per ora, però, sembrano sterili esercizi di marketing mediatico, che non trovano accoglienza nei sacri palazzi.
Oltre Tevere, intanto, il Parlamento – l’unica istituzione che in uno stato laico avrebbe il dovere di legiferare sui temi etici, resta in silenzio: la legge sulle unioni civili vive solo nei continui rinvii, la norma contro l’omofobia sembra totalmente dimenticata, con buona pace dei partiti più conservatori e di un PD che – ancora una volta – sembra aver paura di prendere una posizione netta su questi temi.
E, se si paragona Papa Bergoglio all’immagine di Ivan Scalfarotto – sottosegretario renziano del governo che anima i dibattiti politici promettendo la legge sulle unioni civili da prima dell’estate – va detto che lo stesso Bergoglio risulta più convincente nelle sue “non posizioni”. Sarà l’accento argentino, ovvio.

(Credits foto: pixabay.com)

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