Dopo l’ultimatum di Di Maio e l’irritazione di Nicola Zingaretti, il governo sembra di nuovo in bilico. Giuseppe Conte è salito questa mattina al Quirinale per un incontro con il capo dello Stato Sergio Mattarella. Un colloquio durato un’ora e mezzo per informare il presidente sull’andamento della trattativa dopo le difficoltà emerse ieri. Il premier vuole andare avanti, ma la tensione tra 5S e Pd è risalita dopo le parole di Di Maio: “O il Pd accetta tutti i nostri punti o si torna al voto”. Alle richieste pentastellate, il leader del Pd ha risposto: “Serve un governo di svolta. La nuova fase ha già fruttato 600 milioni”. I riflettori ora si spostano su Palazzo Chigi, sul vertice con il premier incaricato e i capigruppo di Pd e Cinquestelle: Andrea Marcucci e Graziano Delrio, per i dem, Francesco D’Uva e Stefano Patuanelli per i Cinquestelle. L’incontro previsto alle 9.30 è stato posticipato alle 12, un vertice decisivo per capire le sorti del futuro governo.

Sul cammino del nuovo esecutivo c’è un altro ostacolo ed è la votazione su Rousseau. Non è stata ancora fissata la data, ma la consultazione sul portale del Movimento dovrebbe avvenire prima della presentazione della squadra di ministri.

L’accordo politico – non ancora chiuso – tra Partito Democratico e Movimento Cinque Stelle per il Conte 2 ha dato già il via alle fronde interne e ai malumori delle minoranze: Calenda ha lasciato il Pd e ha annunciato di voler fondare un nuovo partito, così come Gianluigi Paragone che potrebbe abbandonare il M5S e dimettersi o iscriversi al gruppo misto.
Promettono intanto un’opposizione dura tutti i partiti del centro destra, mentre Lega e Fratelli d’Italia annunciano una mobilitazione di piazza ad ottobre.

IL TOTO MINISTRI
La sfida di Conte al M5S e al Pd è quella, ora, di far accettare una squadra “sua”, con alcuni ministri fuori dai partiti, come proposto da Beppe Grillo. Questa è la strada che il premier potrebbe scegliere per uscire dall’impasse.

La casella più contesa è quella di vicepremier: Di Maio vorrebbe tenerla per sé, mentre il Pd vorrebbe Andrea Orlando o Dario Franceschini o comunque un nome che non sia del M5S che già esprime il presidente del Consiglio.

Quanto alla squadra di governo, Di Maio potrebbe essere ministro della Difesa senza fare il vicepremier oppure lo Sviluppo economico restando vice. Per il Viminale sono “candidati” anche il dem Marco Minniti o il capo della polizia Franco Gabrielli.
Sull’Economia, sarebbero in ballo Antonio Misiani (Pd), l’uscente Giovanni Tria, Pier Carlo Padoan (Pd) o Roberto Gualtieri (Pd).
Alle Infrastrutture potrebbero andare i democratici Paola De Micheli, Roberto Morassut e in quota renziana Ettore Rosato. Per il Lavoro è in corsa Graziano Delrio (Pd).
Alla Giustizia potrebbe restare l’uscente Alfonso Bonafede, ma restano alte le quotazioni di Andrea Orlando (vice di Zingaretti) o a Pietro Grasso (Leu) e nelle ultime ore è spuntata anche l’ipotesi di Giuliano Pisapia.
Per il Pd si fanno tra gli altri (oltre a Rosato, Delrio e Guerini) anche i nomi di Anna Ascani, Teresa Bellanova e Simona Malpezzi, mentre resteranno sicuramente fuori Boschi, Lotti e lo stesso Renzi.
Il presidente dell’Agesci Francesco Scoppola potrebbe andare invece alle Politiche Giovanili. Paolo Gentiloni potrebbe tornare agli Esteri, anche se alla Farnesina potrebbe restare l’uscente Enzo Moavero, stimato anche dal Pd.
Tra i Cinque Stelle alcuni ministri uscenti vengono dati per confermati: sono Sergio Costa (Ambiente), Alberto Bonisoli (Beni culturali), Giulia Grillo (Salute), Riccardo Fraccaro (Rapporti con Parlamento e delega alle Riforme, con l’occhio puntato al taglio dei parlamentari). Salgono le quotazioni per Lorenzo Fioramonti, vice ministro dell’Istruzione, e soprattutto di Vincenzo Spadafora, già sottosegretario alle Pari opportunità, in odore di promozione.