Fino al 12 dicembre, Triennale Milano presenta la mostra di Giovanna Silva “Milan. City, I listen to your heart”, installata nella Scala brutalista del Palazzo dell’Arte.

Oltre mille fotografie scattate nell’arco di un anno raccontano l’altro volto di Milano, quello inedito e sospeso, lontano dalle maestose facciate del centro. La fotografa Giovanna Silva per un intero anno ha fotografato strade, palazzi e monumenti, alzandosi alle sei del mattino, correndo lungo elaborati itinerari circolari e tornando in alcuni luoghi infinite volte, immortalando così una città semi addormentata, distante dalla frenesia lavorativa che la contraddistingue.

Al centro degli scatti di Giovanna Silva ci sono edifici moderni e contemporanei. Il risultato è una visione della città tortuosa e compulsiva che si sforza di catturare qualcosa di elusivo e ineffabile. Le immagini si distinguono per le loro cromie, come i lussureggianti colori del tramonto sul municipio di Sesto San Giovanni di Piero Bottoni, la Feltrinelli di Herzog & de Meuron, l’uniforme arancione dei lavavetri sospesi in alto.

Ispirata dall’ode a Milano di Alberto Savinio, la mostra di Giovanna Silva, Milan. City, I listen to your heart, è installata nella Scala brutalista del Palazzo dell’Arte di Triennale Milano ed è visitabile fino al 12 dicembre.

Foto: Giacomo Bianco © Triennale Milano

L’autrice: Giovanna Silva

Giovanna Silva vive e lavora a Milano. Dal 2005 al 2007 ha collaborato con la rivista Domus, dal 2007 al 2011 è stata photo editor della rivista Abitare. Ha pubblicato numerosi libri e ha partecipato alla 14° Mostra Internazionale di Architettura di Venezia con il progetto Nightswimming, Discotheques in Italy from the 1960s to the present (Bedford Press). È fondatrice di Humboldt Books e San Rocco Magazine. Insegna fotografia presso NABA Milano, IUAV Venezia e ISIA Urbino.
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Tatay in Triennale

In questi giorni fino al 28 novembre, Triennale Milano ospita anche la videoinstallazione di Marina Ballo Charmet, Tatay, realizzata in collaborazione con Ludovico Einaudi. Tatay – parola che significa “papà” in filippino – è un ambiente sonoro in cui nel buio dodici voci si intrecciano e si susseguono a formare un’unica voce che diventa ancestrale e primordiale. Sono le voci di padri di Paesi e lingue diversi che cantano una ninna nanna al loro bambino. Completa l’installazione un video con l’immagine di un gesto che si ripete e si intravede: quello di un padre che culla il suo piccolo da sinistra a destra e viceversa.

Info: triennale.org