Quella dei Tiger & Woods è una gran bella avventura, partita da Roma e Barcellona, ha attraversato il mondo e ha portato il groove-elettronico italiano in ogni continente. Larry Tiger e David Woods, ovvero Marco Passarani e Valerio Del Prete hanno dato il via al progetto Tiger and Woods nel 2008 e nel 2011 hanno pubblicato il primo album su Running Back, Through The Green. Poi una sfilza di produzioni, live e dj set nei maggiori club e festival. Unleashed Tapes è l’ultimo lavoro, uscito con la loro etichetta T&W Records.

Giovedì 7 giugno saranno tra i protagonisti della prima giornata di Villa Aperta 2018 (clicca qui per scoprire il programma), il festival organizzato dall’Accademia di Francia e curato da Cristiano Leone che vedrà salire sul palco di Villa Medici a Roma artisti del calibro di Rone, Xavier Veilhan, Busy P, Jacques, Myd, Alvin Curran, Julien Ribot.
In questa intervista, Tiger & Woods si raccontano ai lettori di FACE Magazine.it

TIGER & WOODS | L’INTERVISTA

Per anni avete tenuto nascosta l’identità del duo Tiger & Woods. O meglio avete evitato di comunicarla, come avete dichiarato in altre interviste. Poi però avete deciso di “venire allo scoperto”. Da cosa è dipesa questa “svolta”?
In realtà non abbiamo mai fatto uno “statement” riguardo al nostro anonimato. Alle serate non abbiamo mai messo maschere né negato mai una foto a qualcuno. Volevamo semplicemente che la musica arrivasse prima di tutto il resto. Non avendo mai applicato una rigidissima policy riguardo all’anonimato, dopo un po’ era diventato un cliché inutile da portare avanti. Insomma al centesimo promoter che prenota voli e alberghi con il nostro nome….

Il progetto Tiger & Woods doveva terminare dopo la prima release. Poi, cosa è successo?
E’ successo che il primo EP è andato benissimo, quindi perché non farne un altro? Ed il secondo EP conteneva la traccia che poi ci ha definito più di qualunque altra: Gin Nation. Da lì in avanti sono partite tutte le teorie riguardo a chi potesse essere T&W e abbiamo deciso di giocare a questo gioco. Il gioco poi si è fatto più serio (almeno noi lo abbiamo preso molto seriamente): abbiamo tirato su il Live che poi abbiamo portato in giro per il mondo per gli anni successivi, è uscito il primo album che ha riscosso diverse recensioni positive per grosse riviste/blog di settore e ora dopo 10 anni eccoci ancora qui.

Dalla dimensione underground al successo mondiale. Come è cambiato in questi anni il progetto Tiger & Woods e come ha inciso sulle vostre vite personali?
Innanzitutto comincerei con il dire che tutto sommato anche se il successo è stato mondiale, difficilmente siamo usciti dal mondo underground. Negli anni chiaramente il progetto è stato modellato in base alle esigenze artistiche e di performance. Abbiamo inizialmente portato in tour soltanto il Live che è aperto ai djset per esempio. In linea di massima siamo sempre stati fedeli alla natura del progetto e al suo suono, che è poi quello che negli anni ci ha contraddistinto. Per quello che riguarda le nostre vite personali, l’impatto, non è stato niente che non conoscessimo già. Nella vita questo abbiamo sempre fatto e questo faremo sempre. Certo questo progetto ci ha portato a stare molto tempo in viaggio lontano da casa e dallo studio ed inevitabilmente abbiamo dovuto rimodellare un po’ le nostre abitudini di vita e produzione.

“Unleashed Tapes Vol. 2” è il vostro ultimo lavoro. Come sono nati questi due pezzi? C’è anche un nuovo album in cantiere?
Unleashed Tapes è una serie di 12” che facciamo uscire sulla nostra T&W Records ogni volta che abbiamo la possibilità di utilizzare campioni ufficialmente o anche, come è successo per il disco precedente, per cose nostre solitarie che magari esulano un po’ di più’ dal suono di T&W. In
particolare Unleashed Tapes Vol. 2 esce fuori da un’intensa sessione di studio che ha portato a questo 12” e a diverse altre progetti che presto vedranno la luce. Per quello che riguarda un nuovo album, possiamo solo dire che è molto più’ che in cantiere e ci saranno grosse sorprese!

La prima traccia che avete scritto e il primo show. Che ricordi avete?
La prima traccia come T&W nasce per via di un’ edit di R&B Junkie di Janet Jackson fatta da Mark E. Siamo letteralmente impazziti quando l’abbiamo sentita e non riuscendo ad avere una copia del disco in questione, abbiamo deciso di fare delle cose simili da poter suonare nei nostri djset. Per chi non conosce la canzone di Janet Jackson, questa contiene a sua volta un campione di I’m in Love di Melba Moore e dal quel tipo di suono siamo ripartiti facendo un’edit di Love Come Down della stessa Melba Moore.
Il primo live anche è impossibile da dimenticare, anche perché siamo partiti con il botto suonando al Robert Johnson di Francoforte, una vera istituzione per la club culture e uno dei nostri locali preferiti. Essendo principalmente DJ, della prima serata, forse la sensazione che ha lasciato più’ il segno è stata l’emozione e l’agitazione sperando che tutto filasse come sarebbe dovuto…e cosi è stato!

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Che ruolo ha la città Roma nel progetto Tiger & Woods?
Ad essere veramente sinceri quasi nessuno, se non che rappresenta il luogo dove viviamo e siamo cresciuti. Abbiamo sempre cercato di svincolare il nostro lavoro (anche prima di T&W) da qualsiasi tipo di terrorialita che avrebbe potuto levare un po’ di respiro internazionale al progetto.

Cosa ne pensate della club culture contemporanea italiana?
L’italia non è esattamente il nostro main market, ma le situazioni ci sono e si possono trovare in egual misura nelle grandi città cosi come in quelle piccole che spesso regalano delle vere e proprie sorprese. Per quello che riguarda i festival, Torino rimane una spanna sopra le altre città.

Sarete protagonisti della serata di apertura di Villa Aperta 2018. Cosa vedremo nel vostro show a Villa Medici?
Sarà un djset e come è nostra consuetudine, aspettatativi un pò di tutto: House,Disco,Techno, Italo mischiando nuovo e vecchio senza soluzione di continuità con lo scopo di creare un tessuto sonoro si comprensibile, ma anche innovativo, di intrattenimento, ma culturale allo stesso tempo. Per noi la cosa fondamentale, specie nei djset, è far ballare il pubblico e vederlo con un bel sorriso.

Quale rapporto avete con le arti visive? Pensate di svilupparlo nelle vostre performance?
Inizialmente e per un lungo periodo abbiamo sempre chiesto che i locali fossero il più bui possibile perché quella era l’atmosfera che volevamo creare. Abbiamo una grande considerazione delle arti visive, e per noi anche il buio era un concetto e una rappresentazione. L’estetica che
volevamo per T&W era quella dei bootleg, dei primi rave, del dj di cui non conosci nemmeno il nome, del party scuri e “sudati”. Chiaramente in un contesto del genere le arti visive vere e proprie sarebbero state un po’ in contrasto, quindi è qualcosa che non abbiamo mai implementato nelle nostre performance, ma è qualcosa a cui stiamo pensando per il live che seguirà il nuovo album…