Sono nati nel 2014 e in poco meno di 3 anni hanno già calcato palchi internazionali come il Troubadour di Londra e lo Sziget Festival di Budapest. Con il loro disco d’esordio Blue Call Pink Riot, pubblicato da Bravo Dischi e distribuito da Audioglove, il quartetto romano ha guadagnato il consenso di pubblico e critica, registrando sold out, su e giù per lo Stivale. Nel loro territorio si mescolano il rhythm and blues e il country, il folk e il soul, con influenze pop anni 80, accenti reggae, Crosby, Paul Simon, Art Garfunkel. Nei loro spettacoli il concetto di performance è predominante. La musica dei Joe Victor arriva dalla strada, da una gavetta intensa fatta di live e chilometri, in tanti club italiani ed europei. Della band fanno parte Gabriele Mencacci Amalfitano, Valerio Almeida Roscioni, Michele Amoruso e Mattia Bocchi.
Giovedì 8 giugno, apriranno – con Combo Charlie, Økapi e Ofenbach – Villa Aperta 2017 (leggi qui il programma), il festival dell’Accademia di Francia a Roma diretto da Cristiano Leone, in scena l’8 e il 9 giugno nella suggestiva Villa Medici. Noi li abbiamo incontrati.

L’intervista | Joe Victor

Siete nati nel 2014 ma il vostro esordio in realtà è del 2009 con il country punk italiano. Da Superarancia a Joe Victor cosa è successo e come è cambiato il vostro sound?
Tra la super arancia e Joe victor non ci sono molti legami, abbiamo smesso di suonare 5 anni prima di riprendere. Anche se alcune canzoni che suoniamo sono state scritte in quel periodo.

Ci sono degli artisti o dei periodi a cui vi ispirate? Cosa ascoltate quando non suonate?
Le nostre ispirazioni spaziano dal folk americano fino alle band highlife africane. Cerchiamo di utilizzare ogni cosa che ci piace, non riusciamo a vedere molte distinzioni di genere quando ascoltiamo. Ultimamente abbiamo una bella fissa per la dance70.

Voi cantate in inglese. Perché avete scelto questa lingua e non l’italiano?
La scelta del inglese è pura casualità, abbiamo scritto molte canzoni in italiano ma Joe Victor partì così come progetto in inglese e ci piacque.

Il vostro disco “Blue Call Pink Riot” è stato molto apprezzato dalla critica come dal pubblico. Un traguardo o un punto di partenza?
Il disco è stato registrato a più fasi durante la nostra attività live. Crediamo che sia un punto di arrivo quanto uno di partenza.

Avete dichiarato a Vogue “Una canzone deve durare nell’anima, non nella testa”. Cosa è per voi il successo?
Il successo può essere declinato in molti modi, il guadagno, la notorietà, ma anche far emozionare una platea può essere considerato avere successo. Cerchiamo sempre di essere attenti a questo ultimo aspetto, perché dopo tutto è il motivo per il quale abbiamo scelto di suonare.

Qual è il vostro rapporto con i talent e con il mercato discografico italiano?
Non abbiamo molti rapporti con quel mondo, a dire il vero non lo conosciamo neanche molto bene, tre di noi non hanno la televisione a casa.

I vostri progetti futuri?
Abbiamo finito di registrare il nostro secondo disco che uscirà dopo l’estate, ci sono bei progetti.

Cosa vedremo e cosa ci farete ascoltare a Villa Aperta?
Faremo il nostro classico set con due inediti. Si ballerà. Grazie dell’invito ragazzi. Portate scarpe comode.

Info:
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Villa Aperta 2017
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