Oltre 1.300 sindaci hanno firmato l’appello a favore del premier, che domani sarà in Senato e giovedì alla Camera. Il governo ha i numeri anche senza il M5s. Cosa succede ora?
Dopo lo strappo del M5s sul Decreto Aiuti, il premier Mario Draghi è salito venerdì al Colle per dimettersi, ma il presidente della Repubblica Matteralla ha respinto le dimissioni e ha invitato Draghi ad una “riflessione”. Così, domani il premier si presenterà alle Camere per una verifica politica: prima al Senato e giovedì alla Camera. “Non avrei più agibilità politica”, avrebbe detto Draghi a Mattarella secondo la Stampa. A sperare in un ripensamento di Draghi c’è soprattutto Mattarella, ma anche il Pd e Forza Italia. Il partito che ha la linea più chiara è il Partito Democratico, da sempre favorevole al governo Draghi. Se il M5s dovesse votare No alla fiducia, dopo la scissione di Di Maio, altri parlamentari potrebbero uscire dal Movimento e votare a favore.
Nel centrodestra, la Lega non sarebbe molto entusiasta di tornare al voto, al contrario di Fdi di Giorgia Meloni, il partito che certamente più di tutti vuole andare alle elezioni, visti i sondaggi che lo danno tra il primo e il secondo posto.
La lettera dei sindaci pro-Draghi
Sono già 1.300 i sindaci che hanno firmato una lettera aperta in sostegno al governo Draghi. Tra i primi cittadini figurano quelli di Firenze, Milano, Genova, Bari, Bergamo, Pesaro, Asti, Torino, Ravenna, Roma. Nel testo si legge: “Questa crisi politica inspiegabile rischia di bloccare le nostre città in un momento cruciale in cui dobbiamo tutti ripartire: le forze politiche si assumano la loro responsabilità”.

Gli scenari possibili
Tutto dipenderà da quello che deciderà di fare Mario Draghi. Se mercoledì accetterà di sottoporre il suo governo a un voto di fiducia, l’esecutivo andrebbe avanti, anche senza il M5S. I numeri infatti ci sarebbero anche senza il partito di Giuseppe Conte. Se invece Draghi si limiterà a spiegare le sue motivazioni e a dimettersi, le ipotesi più probabili sembrano due: un voto anticipato fra fine settembre e inizio ottobre oppure la nascita di un nuovo governo tecnico che approvi la Legge di Bilancio e rimanga in carica per gli affari correnti fino a febbraio, alla scadenza della legislatura. In questo caso, il nome più probabile potrebbe essere quello del ministro dell’Economia Daniele Franco.