Ha vinto Pedro Sanchez, rottamando la vecchia guardia del suo partito socialista, hanno vinto gli indipendentisti catalani, con i leader in carcere o in esilio, nemici della destra sconfitta. Entra per la prima volta in Parlalmento l’ultradestra di Vox, ma si ferma al 10% sotto le previsioni della vigilia, e non c’è nessun boom per il partito che rimpiange il generale Franco, combatte il femminismo e l’immigrazione. Matteo Salvini ha augurato a Vox di vincere, ma così non è stato. L’estrema destra ha cavalcato la rabbia sociale, come avviene oggi in quasi tutti i paesi europei e del mondo.
La retorica nazionalista, l’avversione ai temi lgbt, la battaglia contro l’aborto e la legge sulla violenza contro le donne accusata di essere “troppo punitiva” verso gli uomini: a tutto questo la Spagna, ieri, ha detto no.

La Spagna oggi è un Paese in buona salute: è il primo nell’Eurozona per progresso del pil e l’export pesa per il 33%, 8 punti in più rispetto al 2007. Il Pil cresce del 2,4%, ma dietro la crescita record ci sono l’esplosione del debito e salari bassi che aumentano la competitività. La povertà diffusa e disoccupazione restano problemi irrisolti. Eppure gli spagnoli non hanno ceduto alle sirene del populismo nazionalista.
Per formare il governo, Pedro Sanchez dovrà allearsi con Unidos Podemos ma anche con gli indipendentisti della Catalogna. Se ci riuscirà, il Paese sbarrerà la strada ai nazionalisti: un segnale di svolta, a poche settimane delle elezioni europee di maggio. Oggi il vento dell’ultradestra soffia forte su tutto il continente, ma qualcosa sta cambiando.
Di Mauro Orrico
Salentino di origine, romano di adozione, è laureato in Scienze Politiche (La Sapienza) con Master in Tutela Internazionale dei Diritti Umani. Ha lavorato per Rai3 e La7d. Da 12 anni è anche organizzatore di eventi di musica elettronica e cultura indipendente. Nel 2014 ha fondato FACE Magazine.it di cui è direttore editoriale..