Il boss Alessandro D’Ambrogio è in carcere a Novara, rinchiuso nella sezione “41 bis”. Ma a Palermo, la sfilata del Carmine gli ha reso onore fermandosi proprio davanti all’agenzia di pompe funebri della sua famiglia. Accadeva poco più di un anno fa, nell’estate del 2014. Negli stessi giorni a Oppido Mamertina (Reggio Calabria) la tradizionale processione della Madonna delle Grazie è passata, sostando brevemente in segno di saluto, sotto la casa del boss 82enne Giuseppe Mazzagatti, condannato all’ergastolo e oggi ai domiciliari. La scena si ripete due mesi fa, lo scorso dicembre, durante i festeggiamenti di Santa Barbara a Paternò dove due distinti gruppi di “fedeli” si fermano sotto le finestre di casa di un pluripregiudicato legato al clan dei Santapaola e omaggiano il capofamiglia e il figlio. La musica è quella del Padrino. La reazione del questore di Catania Marcello Cardona è immediata e impone l’allontanamento dei due gruppi dell’omaggio al boss, decretando per loro il divieto di proseguire la manifestazione per questioni di pubblica sicurezza.
(Paternò, inchino al boss durante la processione di Santa Barbara)
L’ultima della lunga serie delle “processioni della vergogna”, come le hanno definite in tanti, si è svolta pochissimi giorni fa, ancora una volta in Sicilia. La terza, in pochi mesi, solo nell’isola. Senza contare le altre che in questi anni hanno macchiato tanti paesi del Sud Italia. A San Michele di Ganzaria, nel catanese, il fercolo portato in giro in occasione dell’ultimo Venerdì Santo è stato fatto deviare per passare davanti alla casa del boss La Rocca. Il sindaco Gianluca Petta ha preso da subito le distanze all’iniziativa togliendosi la fascia tricolore e partecipando al corteo da privato cittadino: “Se qualcosa ci dovesse essere stato è da addebitare a pochi sconsiderati, perché la maggioranza della nostra comunità è sana, se emergeranno responsabilità prenderà le distanze da loro. Resta il rammarico comunque che una grande manifestazione di fede, fortemente partecipata e ordinata, che si è conclusa due ore prima del previsto, possa essere stata macchiata da questi avvenimenti”. Si è dissociato anche il comandante della stazione dei carabinieri, presente alla processione. E mentre il parroco abbandonava il corteo in segno di protesta, arrivava la condanna di Giovanna Maggiani Chelli, presidente dell’Associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili: “Nessun Cristo morto si è inchinato ai boss, è stata la mafia che ancora una volta ha compiuto un gesto contro il ’41 bis’, quella forma di carcere duro per l’annullamento del quale è venuta fino a Firenze ad ammazzare i nostri figli la notte del 27 Maggio 1993 con il consenso di troppi. Il messaggio lanciato in Sicilia nel Venerdì Santo da ‘cosa nostra’ è fin troppo chiaro e ancora una volta, ci vergogniamo davanti ai nostri figli massacrati con il tritolo di Via dei Georgofili , di tanta mafiosità profusa impunemente a piene mani”.
L’INCHIESTA DELLA PROCURA
La processione del Venerdì Santo a San Michele di Ganzaria è finita in un fascicolo dei carabinieri di Caltagirone. Gli investigatori stanno visionando alcuni filmati e stanno ascoltando diversi testimoni. L’informativa sarà poi trasmessa alla Procura di Caltagirone.
I CASI PRECEDENTI
Le processioni con inchino sono ormai divenute quasi una costante, negli ultimi anni, nelle terre di mafia, camorra e ‘ndrangheta. Abbiamo già citato i casi di Palermo, con la sfilata del Carmine del luglio 2014, quella della Madonna delle Grazie ad Oppido Mamertina (Reggio Calabria) pochi giorni dopo, la processione di Santa Barbara a Paternò, dello scorso 3 dicembre. Altri casi sono stati quelli dello scorso ottobre a Carbonara (Bari) in cui il parroco don Mimmo Chiarantoni è stato minacciato per essersi opposto all’inchino durante i festeggiamenti per San Michele Arcangelo. Così come a Pagani (Salerno) sempre durante la processione del Venerdì Santo, un caso che ha fatto scattare anche un’inchiesta dell’Antimafia.
REAZIONI E SILENZI DALLE ISTITUZIONI NAZIONALI
“Ci sentiamo abbandonati dalle Istituzioni nazionali” è l’accusa che arriva da Palermo, tra chi in città si definisce indignato per quanto accaduto. Come Federica, studentessa 24enne e militante del Coordinamento Universitario LINK che abbiamo raggiungiunto al telefono. “Serve una presa di coscienza forte. Bisogna prendere in considerazione l’idea di vietare queste dimostrazioni vergognose. Dove è il ministro degli Interni Angelino Alfano anche lui siciliano come noi?“. Finora nessun parlamentare ha annunciato interrogazioni parlamentari né si è esposto contro quest’ultimo inchino. “Saranno in vacanza per Pasqua? – si chiede Federica – Il problema però è che qui sono in vacanza da troppo tempo”.
(Credits foto: Pixabay.com)
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