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Di sé diceva: “C’è una cosa che mi definisce: la pratica del dubbio”. Pietro Ingrao è stato uno dei padri fondatori della Repubblica e della sinistra italiana. Dirigente storico del Pci e poeta, era nato 100 anni fa, a Lenola, in provincia di Latina, il 30 marzo del 1915. Ex direttore dell’Unità, in Parlamento dal 1950, è stato il primo presidente della Camera eletto dai comunisti.  “Ingrao è comunista eretico senza scisma”, sono le parole di Fausto Bertinotti. Una vita dedicata alla politica, la sua. Ma anche alla poesia e al cinema, suo primo amore. L’avvicinamento all’antifascismo arriva  dopo un passato liceale durante il quale partecipa ai Littoriali, le manifestazioni sportive riservate agli universitari fascisti. Poi Ingrao si trasferisce a Roma, si laurea in Giurisprudenza e Lettere e si iscrive anche al centro sperimentale di cinematografia, che abbandonerà l’anno dopo. Nel 1936, subito dopo l’esplosione della guerra civile spagnola, intensifica i rapporti con gli antifascisti. Per anni vivrà nella clandestinità, tra la Lombardia e la Calabria. Caduto il regime fascista, viene eletto in Parlamento ed entra nella segreteria del Pci. Dal 1947 al 1957 dirige l’Unità e nel 1976 è il primo presidente di Montecitorio eletto dai comunisti, vivendo i giorni del sequestro di Aldo Moro e chiedendo nel 1979 di lasciare l’incarico. E’ stato spesso critico verso il partito, senza mai abbandonarlo. Entra in polemica col Pci nel 1969, quando il partito espelle gli eretici de Il Manifesto. E nel 1989 si oppone alla linea di Achille Occhetto e alla svolta della Bolognina, che trasforma il Pci in Pds, aderendo 2 anni dopo. Abbandona i Ds nel 1993, quando inizia a sostenere Rifondazione Comunista per aderire dal 2013 a Sinistra ecologia e Libertà di Nichi Vendola.  “La sua passione resterà un patrimonio del Paese e la sua libertà interiore è un esempio per le giovani generazioni“, ha commentato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

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