La scelta della Corte di Cassazione supera i limiti imposti finora dalla legge e di fatto conferma la possibilità nelle coppie omosessuali dell’adozione del figlio del partner. Si tratta di una sentenza che nessun tribunale potrà ignorare. Già molti giudici di merito si erano espressi in questa direzione. Con la sentenza 12962 della Prima sezione civile, depositata ieri, è stato bocciato il ricorso della Procura confermando la sentenza della Corte d’appello di Roma che aveva già dato l’ok alla domanda di adozione da parte della co-madre, la partner della mamma biologica della bambina.
«È fondamentale che si sia pronunciata la Cassazione — dice Maria Antonia Pili, l’avvocata che ha seguito la coppia di donne —. Adesso la stepchild adoption è definitiva: la Corte ha pronunciato una grande parola di civiltà giuridica e soprattutto ha dato un orientamento chiaro per tutti gli altri tribunali italiani».
Le due donne si sono sposate in Spagna, una delle due è la mamma biologica di una bambina di sei anni ed ora la partner della madre biologica potrà adottare legalmente la figlia.

Si tratta dunque di una sentenza che farà giurisprudenza. La giudice Melita Cavallo che ha scritto il testo, dedica la sentenza “a tutti quei bambini nati nelle coppie omosessuali a cui finora era stato negato il diritto ad avere due genitori”.

Mario Colamarino, Presidente del Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli, plaude alla sentenza: “Siamo di fronte a una decisione di grande valore e di primaria importanza per tutte quelle famiglie che hanno veduti negati i diritti dei propri figli. Forti anche di questa sentenza ora continuiamo la nostra battaglia per il pieno riconoscimento ed equiparazione di tutte le coppie, attraverso il matrimonio egualitario, adozioni e riconoscimento dei figli dalla nascita”.

E un’altra buona notizia sul fronte della lotta contro l’omofobia, arriva da Trento. Si tratta del primo caso di sanzione per disparità sessuale verso una docente che convive con una donna. “Una scuola cattolica non può discriminare per orientamento sessuale” è quanto ha stabilito il Tribunale di Rovereto che ha condannato l’Istituto paritario Sacro Cuore di Trento per “discriminazione nei confronti di un’insegnante”. L’Istituto Sacro cuore è stato così condannato a risarcire 25.000 euro alla docente per danni patrimoniali e non patrimoniali e 1.500 euro a ciascuna delle organizzazioni ricorrenti. La sentenza rappresenta il primo caso di condanna mai pronunciata per discriminazione individuale per orientamento sessuale e la seconda per discriminazione collettiva.
Stefano Incani, segretario dell’Unione degli Atei e degli Agnostici razionalisti (Uaar) ha commentato: “Si tratta di una sentenza importante che ribadisce come il diritto alla libertà di religione non significhi “diritto” a discriminare. Un concetto che nel nostro Paese è bene ripetere spesso”.

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