Se si votasse domani, sarebbero i laburisti di Jeremy Corbyn a vincere le elezioni. Lo dicono gli ultimi sondaggi: mentre la sinistra europea crolla ovunque con la sola eccezione di Portogallo e Spagna, il modello Corbyn vola. La previsione è dell’istituto Survation per il Mail on Sunday, lo stesso che predisse con precisione il risultato del referendum su Brexit e poi delle elezioni del 2017. I laburisti britannici sono oltre il 40% e i conservatori di Theresa May sono fermi al 38%. Finisce così la luna di miele tra i tories e gli inglesi e a chiudere la lunga parentesi conservatrice nel Regno Unito potrebbe essere Jeremy Corbyn, leader del Labour Party, espressione della sinistra radicale, agli antipodi rispetto ai socialisti francesi o al Pd di Matteo Renzi, in Italia ai minimi storici. È un Labour Party molto lontano anche dai liberisti di Macron: Corbyn guarda molto più a Podemos che a En Marche, il partito moderato e liberale di centrosinistra che governa la Francia.

La ricetta di Corbyn era considerata vecchia, radicale e perdente dai suoi detrattori. Il suo progetto di offrire un’alternativa radicale contro l’austerity e il neoliberismo però convince ed è l’unico, oggi, a vincere in Europa. Corbyn si è schierato contro Brexit che è pronto, dice, a rimettere in discussione anche in virtù del fatto che, dopo il risultato referendario, è cambiata la posizione di molti britannici, pentiti di aver votato per l’uscita dall’Ue.
Criticato dalla comunità ebraica per le sue posizioni filo-palestinesi, Corbyn piace in ampia maggioranza tra i giovani, mentre i Tories negli over 55. In Italia lo scenario è capovolto: il M5S convince i giovani, il PD gli over 55.
La svolta a sinistra del Labour ha avuto il merito di bloccare l’avanzata dell’estrema destra: il partito UKIP è quasi scomparso e alle ultime elezioni non ha conquistato nessun seggio. È questa la strada giusta per far rinascere le forze progressiste europee? A questa domanda risponde Owen Jones, columnist del Guardian e punto di riferimento della sinistra britannica, così come del mondo Lgbtq di cui è esponente: “È chiaro che c’è una crisi della socialdemocrazia. I partiti socialdemocratici sono passati dal sostegno al dogma del mercato ad applicare direttamente, come in Spagna o in Grecia, tagli che colpivano il loro stesso elettorato; o almeno ad appoggiare l’austerity. Ed è finita in Germania con un Spd al 20%, in Olanda socialisti al 6%. In Portogallo c’è un governo lontano dalla perfezione, e un partito socialista tutt’altro che radicale; le misure progressiste sono soprattutto merito del Bloco. Mélenchon, così come Podemos o Corbyn, mostrano qual è il futuro della sinistra europea: offrire un’alternativa radicale e che suscita speranza contro l’austerity e il neoliberalismo, senza ledere i diritti e le libertà per cui sono morte milioni di persone”.
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