“Ci uniamo alle lacrime delle famiglie di Dacca e in particolare a quelle delle famiglie dei nostri connazionali. È il momento che l’Italia tutta unita dia un senso di grande determinazione di grande decisione: l’Italia non arretra davanti alla follia di chi vuole disintegrare la vita quotidiana, gli italiani sono colpiti ma non piegati”. È quanto ha dichiarato il presidente del Consiglio Matteo Renzi sull’attacco terroristico a Dacca, rivendicato dall’Isis, dove hanno perso la vita 20 civili, tra cui 9 italiani. Non erano terroristi di professione, ma “uomini giovani che hanno studiato e frequentato l’università; nessuno di loro veniva da una madrassa”, ha detto il ministro degli Esteri bengalese.

Giovanni Giacalone, analista dell’Istituto per gli studi di politica internazionale, intervistato dal Fatto Quotidiano, afferma: “Sembra proprio che uno dei gruppi estremisti locali abbia compiuto e organizzato autonomamente l’attacco e solo successivamente giurato fedeltà al Califfato. In Bangladesh, l’Islam è religione di Stato. Ma non dobbiamo pensarlo, però, come uno Paese dove prolifera il radicalismo. L’Islam in Bangladesh risente dell’influenza del sufismo, dell’induismo e di altre correnti religiose e culturali. E anche per questo molte usanze locali vengono condannate dai movimenti salafiti. Il distacco, però, è reciproco: movimenti e partiti radicali come la Jamaat-e-Islami sono mal visti dalla popolazione. Il Governo ha dato una svolta laica – conclude Giacalone – Non solo per garantire pari diritti a tutti i credi religiosi. Si sono accorti che l’estremismo, in un Paese ricco di correnti religiose come il Bangladesh, può portare a una vera e propria destabilizzazione interna. Non stiamo parlando dell’Iran sciita o dell’Arabia Saudita, per intenderci. L’obiettivo dell’esecutivo è limitare l’influenza salafita e wahhabita all’interno del Paese, espressione di un radicalismo ‘importato’ da Pakistan e Arabia Saudita”.

C_2_fotogallery_3003029_12_image(In foto, le vittime italiane della strage di Dacca in Bangladesh) 

IL TURISMO: IL BOOM DEL 2015 NONOSTANTE LA PAURA
L’obiettivo dichiarato dei terroristi dell’Isis o delle altre formazioni presenti nel mondo che dichiarano fedeltà al califfato, è quello di seminare il terrore, colpendo al cuore l’Occidente e i paesi islamici che hanno scelto la strada della democrazia e delle riforme. Il modo più semplice è quello di compiere massacri, per generare paura nelle popolazioni e colpire così l’industria turistica che è motore di crescita e sviluppo per tutti e ancor di più per i paesi che combattono il terrorismo interno di matrice islamica come la Tunisia – unico stato in cui la Primavera araba si è conclusa con un processo di riforme e laicità – e la Turchia, paesi tra i più colpiti.
Eppure, nonostante il crollo turco e il calo di Parigi di questi ultimi mesi, il turismo nel 2015 ha segnato un vero record di presenze nel mondo. L’ha segnalato a gennaio l’Organizzazione mondiale del turismo delle Nazioni unite, secondo cui il numero dei turisti è cresciuto su base annua nel 2015 del 4,4 per cento arrivando al record di 1,8 miliardi. In Europa, Asia-Pacifico e Americhe il numero dei turisti è cresciuto del 5 per cento, mentre in Nordafrica, dove si sono registrati diversi attentati, è calato dell’8 per cento.

Si tratta di numeri, tuttavia, che non possono ovviamente far cantare vittoria. Nel periodo pasquale, la paura ha contagiato il turismo, segnando un vero boom di cancellazioni soprattutto da cittadini americani: solo a Roma ha registrato 20 mila turisti in meno rispetto al 2015. Secondo il ministro della Cultura Dario Franceschini è “naturale che gli attentati di Bruxelles abbiano una ripercussione sul turismo. Quello che si deve spiegare davvero – ha aggiunto – è che quello che il terrorismo vuole è esattamente fare cambiare il modo di vivere, fare prevalere la paura, fare richiudersi in casa. Mentre i governi, gli stati, devono assolutamente garantire il più possibile la sicurezza e tutte le misure di prevenzione e di repressione, contemporaneamente le società civili devono dimostrare di sapere reagire, di non cambiare i propri modelli di vita, che è esattamente quello che vogliono i terroristi”.

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