Da Roma a Padova, anche negli ultimi giorni non si fermano i casi di omotransfobia, ma la legge è ancora ferma al Senato. Il presidente della Camera Fico contro gli attacchi del Vaticano: “Il Parlamento è sovrano. Non accettiamo ingerenze”. Il premier Draghi: “Il nostro Stato è laico e il Parlamento è libero”.
La mappa Europe Rainbow dell’ILGA pone l’Italia al 34esimo posto su 49 Paesi (e 23esimo su 27 membri UE) e il report European LGBTI Survey 2020 dell’Agenzia dell’Unione Europea per i diritti fondamentali ha recentemente segnalato come in Italia manchi ancora una legge che punisca l’odio e la discriminazione verso le persone Lgbt+. A differenza della quasi totalità dei paesi europei, infatti, in Italia non esiste ancora una legge ad hoc.
Pochi giorni fa, a Torre Annunziata, un 34enne è stato picchiato da sette uomini. Nelle stesse ore a Padova, due ragazzi scherzavano su una panchina: dopo essere stati scambiati per una coppia omosessuale, sono stati picchiati da un branco di coetanei. Il risultato? Una mandibola rotta e il volto tumefatto. A Roma, invece, lo scorso 8 giugno, un ragazzino di 12 anni è stato pestato e colpito da insulti omofobi a causa dello smalto sulle unghie. Quattro amiche hanno tentato di difenderlo, ma anche loro sono state picchiate e insultate con epiteti sessisti.
Sono solo alcuni dei casi di omotransfobia che hanno macchiato le cronache italiane negli ultimi giorni. Senza considerare i tanti episodi che non vengono denunciati per paura o imbarazzo (e si calcola siano la maggioranza).
Il Ddl Zan contro l’omotransfobia, la misoginia e l’abilismo, che prende il nome dal suo relatore Alessandro Zan (Pd), è stato approvato a novembre dalla Camera, con 265 voti favorevoli e 193 contrari, ma da settimane è bloccato in commissione giustizia al Senato a causa dell’ostruzionismo della Lega e del suo presidente Andrea Ostellari. A sbloccare l’iter della legge non sono bastati neanche i tantissimi appelli dei personaggi della musica e della cultura, le piazze piene, la protesta di Fedez sul palco del Primo Maggio e neanche i sondaggi dai quali emerge che oltre il 70% degli italiani è favorevole alla legge.
L’ultimo fronte polemico lo ha aperto martedì il Vaticano che ha chiesto al Parlamento modifiche alla legge poiché – secondo la Santa Sede – violerebbe il Concordato. L’attacco è una tegola che piomba sul già difficile iter legislativo e arriva nella settimana in cui in tutto il mondo si celebra il Gay Pride. Sui social è esplosa la rabbia della comunità lgbt+ e dei sostenitori del ddl, mentre la destra ha difeso le parole del Vaticano. Così, la politica si è divisa ancora una volta, con il Pd che difende la legge, ma promette “aperture e ascolto”. Il M5S e le forze di sinistra hanno difeso fermamente il ddl e il presidente della Camera Roberto Fico (M5S) ha rimandato al mittende le richieste della chiesa, affermando: “Il Parlamento è sovrano, non accettiamo ingerenze”. Nella serata di ieri, è arrivata anche la presa di posizione – molto attesa – del premier Mario Draghi: “Il nostro Stato è laico e non confessionale. Il Parlamento è libero. Le nostre leggi rispettano sempre i principi costituzionali e gli impegni internazionali, tra cui il Concordato con la Chiesa”.
Di fatto, ad oggi, la proposta di legge è ancora ferma e tutti sono consapevoli che una revisione della legge – che è già un compromesso, frutto di mesi di trattative – significherebbe affossarla, perché mancano i tempi necessari per la doppia lettura, necessaria alla Camera e al Senato, considerando anche il semestre bianco in arrivo.
Il Ddl Zan nasce per contrastare l’omo-bi-transfobia, ma anche l’abilismo (i reati contro le persone diversamente abili) e la misoginia.
La legge non prevede l’introduzione del “reato di propaganda”, come denunciano i contrari (la destra e la Cei), ma al contario tutela la libertà di espressione con l’art.5. La violenza verbale, quella fisica e l’odio però non sono un’opinione: la norma estende i reati e i discorsi di odio fondati su caratteristiche come la nazionalità, l’etnia o la religione (già previsti dalla legge Mancino) a quelli fondati sull’orientamento sessuale e l’identità di genere. Il testo prevede una reclusione da sei mesi a quattro anni e riconosce le persone Lgbt+ come vittime “vulnerabili”.
La legge istituisce, inoltre, il 17 maggio una giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia, e inserisce misure per la prevenzione e il contrasto della violenza e per il sostegno alle vittime. La data scelta non è un caso: il 17 maggio 1990 è un giorno storico per la battaglia contro le discriminazioni omofobe poiché è di quel giorno la decisione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità di rimuovere l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali. La legge prevede, inoltre, l’introduzione di centri anti-violenza e case rifugio per giovani Lgbt+ cacciati dalle famiglie e perseguitati.
L’articolo 8, infine, stabilisce che l’Istat realizzi almeno ogni tre anni una rilevazione statistica sugli atteggiamenti della popolazione che possano essere di aiuto nell’attuazione di politiche di contrasto alla discriminazione e alla violenza.