Tutta la musica italiana si è unita nell’iniziativa lanciata nei giorni scorsi con l’hashtag #iolavoroconlamusica. Un appello lanciato, tra gli altri, dal coordinamento La Musica Che Gira per sensibilizzare il pubblico e soprattutto il governo sull’importanza di supportare il mondo musicale in un momento così difficile. Lo spettacolo come il turismo è uno dei settori più colpiti dalle misure anti Covid e in tanti sono rimasti senza aiuti statali e i fondi stanziati sono insufficienti per sostenere e aiutare gli oltre 1,55 milioni di lavoratori coinvolti in questi settori in Italia (che diventano almento 5 milioni se si considera anche il comparto turistico e il suo indotto) per 416 mila imprese del sistema creativo e culturale. Parliamo di un valore di 265,4 miliardi di euro pari al 16,9% del Pil italiano.
Hannno firmato da Vasco Rossi ad Arisa, da Diodato a Ermal Meta. Ma ci sono soprattutto i fonici, i produttori, i tecnici, i tour manager, gli addetti stampa, le etichette, i proprietari dei locali: tutto quel mondo che lavora dietro le quinte e che non gode dei cachet delle superstar.
L’appello al Governo
L’iniziativa è volta a far sì che il 21 giugno, che tradizionalmente è la festa della musica in concomitanza con il solstizio d’estate, non diventi una festa “#senzamusica”. Questo è il testo condiviso da alcuni dei firmatari:
“Nella Musica lavorano in tanti, non solo i musicisti e i cantanti. La Musica fa cultura, educa, emoziona, intrattiene e, se non bastasse, produce economie importanti (il solo comparto Cultura fa il 16% del PIL), dando lavoro a decine di migliaia di persone che oggi, causa Covid, rischiano di restare a casa. Sappiamo che ci sono delle proposte di emendamento al DL Rilancio che ci riguardano. Chiediamo che la politica non le ignori, adoperandosi al più presto per dare finalmente dignità a tutti coloro i quali lavorano per il bene della Musica”.
La protesta in piazza
A Milano, i lavoratori dello spettacolo hanno contestato pochi giorni fa il ministro Franceschini: “È una falsa ripartenza, molti di noi non potranno tornare in scena”, hanno detto in tanti. Perchè il teatro, soprattutto i locali più piccoli, e tanti festival non potranno ripartire prima dell’autunno. Gli spazi al chiuso (che possono ospitare al massimo 200 persone) sono i più colpiti, ma anche le arene e le piazze: la norma, ad esempio, che vieta la somministrazione di cibo e bevande potrebbe condannare alla chiusura tante rassegne che danno lavoro a centinaia di lavoratori. Si chiedono pertanto al governo deroghe che possano salvare il settore artistico, affinché non sia un’estate senza musica.

Club e discoteche i più colpiti
Un danno enorme è quello che ha subito il settore dell’intrattenimento notturno. Il Silb-Fipe (Associazione Italiana Imprese di Intrattenimento da Ballo e di Spettacolo) ha protestato davanti a Montecitorio contro il silenzio del governo sulle problematiche del settore. Tuttavia la situazione ha cominciato a sbloccarsi nelle ultime ore: dovevano riaprire il 15 giugno ma poi il governo ha deciso di posticipare la riapertura al 14 luglio, lasciando tuttavia mano libera alle Regioni. E così è stato: le Regioni hanno derogato alle disposizioni del DPCM, con disposizioni che variano a seconda della discrezionalità delle singole amministrazioni. Riaprono così i locali da ballo e i club in Puglia (che ha applicato il Protocollo Silb ma senza distanziamento sociale), in Campania, Toscana e dal 19 giugno anche in Emilia Romagna, Veneto, Calabria, Friuli Venezia Giulia, Basilicata e Liguria. Nel Lazio riaprono ma è vietato ballare, mentre dal 30 giugno è previsto il ballo all’aperto in tutta la Regione. La Lombardia invece mantiene aperte le attività di intrattenimento e svago come somministrazione di alimenti e bevande ma senza possibilità di ballare, in attesa di un calo dei contagi che faccia scendere lo stato di allerta.