Aveva solo cercato di sedare una rissa e difendere il suo amico. Poi le botte, i pugni, i calci fino alla morte. Willy Manteiro, 21 anni di Paliano, è stato ucciso dalla furia omicida del branco. I quattro bulli di Artena (Roma) sono Francesco Belleggia 21 anni, Mario Pincarelli 22 anni e dei fratelli Gabriele 24 anni e Marco Bianchi (26 anni). L’accusa ora per i quattro è di omicidio preterintenzionale con l’aggravante di futili motivi. Per Francesco Belleggia (che ha accusato Gabriele Bianchi di aver ucciso Willy con un calcio alla testa) sono scattati gli arresti domiciliari mentre per gli altri tre è stato convalidato l’arresto nel carcere di Rebibbia. I testimoni parlano di “quattro o cinque ragazzi che colpivano Willy violentemente con calci e pugni, tanto che non si è riuscito più a rialzare”. Un altro dei presenti: “Ricordo che mentre giaceva a terra, gli aggressori saltavano sopra il corpo di Willy già inerme”.

La mattanza è avvenuta a Colleferro, in provincia di Roma, e Willy è morto, si presume, per emorragia interna e sfondamento della cassa toracica, ma le indagini sono ancora in corso. Dopo l’uccisione, i quattro uomini sono tornati in un bar ad Artena e come se nulla fosse hanno continuato la loro serata in evidente stato di alterazione psicofisica. Poco dopo sono stati fermati, grazie all’intervento del comandante della stazione di Colleferro, che ben conosceva i loschi individui con precedenti penali per droga. Arroganti, pieni di sé, esibizionisti: i due fratelli, molto conosciuti ad Artena e Colleferro, avevano in giro la nomea di violenti. Sui loro social, foto sul ring, in palestra, a mostrare i muscoli e i tatuaggi e frasi come “Chi mena per primo mena due volte”. A difendere i killer ci sono i familiari con la frase choc pronunciata dopo l’arresto: “In fin dei conti cos’hanno fatto? Niente. Hanno solo ucciso un extracomunitario”.
Il comune di Paliano, oltre a quello di Colleferro, si costituirà parte civile ed è partita una raccolta fondi per sostenere la famiglia di Willy, lanciata dall’hotel in cui lavorava. La Regione Lazio sosterrà le spese legali e dei funerali e il presidente Zingaretti ha annunciato che una scuola alberghiera porterà il suo nome, poiché il sogno di Willy era diventare cuoco.
A rendere ancora più agghiaciante la vicenda è stata la reazione degli haters sul web, scatenati sulle origini capoverdiane di Willy Monteiro. Come il post su facebook di Manlio Germano, che ha scritto: “Come godo che avete tolto di mezzo quello scimpanzè, siete degli eroi”. Con tanto di cuoricino. Dopo le polemiche, il profilo è stato prima cancellato e poi è ricomparso. L’autore del post, un simpatizzante di Fratelli d’Italia, si è difeso dicendo che sono stati suoi amici ad aver scritto quelle frasi per scherzo, dopo avergli rubato il telefono, ma sul suo profilo campeggiano non pochi post apertamente razzisti. La Polizia Postale è riuscita a recuperare tutti i dati dell’utente e ha aperto un’indagine.
Altri razzisti hanno insultato la vittima per il colore della pelle e inneggiato ai quattro arrestati accusati. “Tanti italiani vengono massacrati ogni giorno da Mao Mao. Piccolo Willy, ma che c… stavi a fare alle due di notte in giro? Se fate questa fine è normale”, dice nella assurda diretta Giorgio Di Folco, noto come Giorgio Pistoia, ex componente del direttivo locale della Lega.
La vicenda di Willy ci sbatte così in faccia una società dove l’odio razzista è ancora molto presente, dove vige la legge del più forte, dove c’è sempre una soluzione violenta e becera ad ogni problema.
Ma c’è anche un’altra Italia, quella che in queste ore chiede verità e giustizia per Willy. Come il cantante Ghali, che è intervenuto su Instagram raccontando di quando in passato «l’ha scampata per un pelo» e di come «odio e razzismo siano un problema ricorrente nel nostro Paese»: «Anche io preso a calci e pugni, ho sperato di rialzarmi da terra. Ora chiedo giustizia per Willy».
Anche il premier Conte è intervenuto sulla vicenda, telefondando alla famiglia e dichiarando: «Dobbiamo moltiplicare gli sforzi, in ogni sede e in ogni contesto, affinché i nostri figli crescano nel culto del rispetto della persona e rifuggano il mito della violenza e della sopraffazione (…). Confidiamo che si arrivi presto a condanne certe e severe».
Di Mauro Orrico
Salentino di origine, romano di adozione, è laureato in Scienze Politiche (La Sapienza) con Master in Tutela Internazionale dei Diritti Umani. Ha lavorato per Rai3 e La7d. Da 14 anni è anche organizzatore di eventi di musica elettronica e cultura indipendente. Nel 2014 ha fondato FACE Magazine.it di cui è direttore editoriale..