Hanno sfilato in decine di migliaia, lo scorso venerdì 8 marzo, da Nord a Sud in occasione della “Festa” internazionale della donna. Da Roma a Milano, da Bologna a Trento, un fiume di donne (con tanti uomini). Non è stata una festa, ma una giornata di sciopero contro femminicidi, precarietà sul lavoro e sfruttamento, perché la parità è ancora molto lontana. Il patriarcato, la violenza di genere e il razzismo sono stati i temi sui quali i tanti cortei hanno alzato la voce, con cori contro il ministro Salvini, cartelli contro il disegno di legge Pillon e a difesa della legge 194 sull’aborto.
A promuovere lo sciopero globale dell’8 marzo sono state le femministe di Non una di meno. Al loro fianco, tante associazioni, sindacati, movimenti lgbtq, scuole, università.
Erano oltre 50mila in piazza a Roma, 30mila a Milano. Migliaia anche a Bologna, Torino, Verona, Livorno, Lecce, Catania, Napoli e in altre città in Italia e nel mondo.

Lo sciopero ha coinvolto anche i trasporti, la scuola, i servizi pubblici. A indirlo sono state tutte le sigle del sindacalismo di base.
“Siamo qui per tutte quelle donne che non ci sono più – ha detto una ragazza dal microfono – per tutte le donne vittime di femminicidio”.
“Questa piazza è la risposta all’oppressione di un governo che attacca costantemente e su più fronti il diritto all’aborto e alla salute, è l’urlo di ribellione al disegno familistico del senatore Pillon, con questa piazza ci sottraiamo ai rigidi ruoli imposti dalla società”, hanno gridato le attiviste di Bologna.

Su facebook è intervenuta anche Gessica Notaro, la giovane riminese sfregiata con l’acido dall’ex fidanzato Edson Tavares che ha scritto: “Sono due anni che mi batto per aiutare le donne vittime di violenza. Ci metto anima e corpo. Eppure non è mai abbastanza. Basta accendere la tv e guardare i Tg per rendersene conto. Troppe donne dovrebbero essere qui con noi oggi a festeggiare l’8 marzo e invece non ci sono più. Le ultime proprio ieri e l’altro ieri. Non penso che serva aggiungere altro”.