Chef Rubio è tornato. Lo chef più amato del web, quasi 400 mila fan solo su facebook, è ripartito lo scorso martedì con la terza edizione di Unti e bisunti, per un nuovo viaggio culinario all’insegna dello street food. In onda ogni martedì alle ore 21:10, in prima tv esclusiva su DMAX (Dtt canale 52 | Tivùsat canale 28 | Sky 136-137), Chef Rubio continuerà a scoprire i piatti e le ricette della tradizione, attraverso chioschetti, mercati rionali e baracchini, chef e cuochi locali, agguerriti e pronti a tutto. Il tour in 10 tappe, attraverserà l’Italia ma anche l’Europa, a colpi di cibo. Unti e Bisunti andrà in Calabria, Basilicata, Puglia, Molise, Marche, Umbria, Valle d’Aosta ma anche in Spagna, Germania e Francia.  Non c’è solo la TV nel futuro di Chef Rubio: la cucina genuina e gustosa di “Unti e Bisunti” sarà anche protagonista di una collana di volumi di ricette, realizzata da La Gazzetta dello Sport in collaborazione con Centauria, in edicola ogni settimana con il quotidiano da martedì 15 settembre.

Noi lo abbiamo incontrato. Chef Rubio si racconta in questa intervista.

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L’8 settembre è partita la nuova stagione di Unti e Bisunti. Ci sono novità rispetto alle due precedenti edizioni? Cosa dobbiamo aspettarci?
Di tutto. Piatti di ogni sorta. Intrighi, depistaggi, inseguimenti e tanti bei posti.

Nel tuo programma ami raccontare ciò che avviene davvero in cucina, lontano dai cliché patinati dell’alta ristorazione. Che rapporto hai con il mondo dei grandi “chef stellati”?
Buono. Ho molti amici che fanno alta cucina in location adeguate. Io faccio la mia alta cucina per strada o dove capita.

Dopo il boom dei programmi di cucina, alcuni oggi vanno male, altri sono stati cancellati ma Unti e bisunti resiste e cresce. Perché? Come ti sembra l’offerta in ambito culinario proposta in Tv?
Perché non è un programma di cucina. È un viaggio, il mio viaggio ma anche il viaggio di ogni persona che l’ha reso possibile e di chi lo guarda. Quindi impossibile non rimanerne affascinati. Le luci dei riflettori non si spengono mai perché non ci sono studi dove girare. Raccontiamo il mondo che c’è lì fuori.

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Hai dichiarato di essere attratto dalla “gente sfregiata, dagli zoppi, dai reietti” perché non ami voltarti dall’altra parte. Che effetto ti fa questa nostra Europa e i grandi leader mondiali che per anni si sono voltati dall’altra parte di fronte al dramma dei migranti?
La risposta ai grandi leader sta tutta in quell’applauso che si è sciolto spontaneamente alla stazione centrale di Monaco, all’arrivo dei profughi siriani. Come me, la società civile non volta le spalle a chi ha bisogno e alle emergenze. Dal primo momento, associazioni no-profit, volontari, semplici cittadini hanno accolto e aperto le loro case a migranti e profughi in Sicilia come in Grecia. Tutto questo mentre i leader mondiali litigavano sul da farsi. È la dimostrazione di come spesso il mondo politico si avvita su logiche distanti dal sentire comune, che a volte rallentano e creano tensioni nella gestione di un inevitabile processo storico di migrazione e integrazione dei popoli. È un momento molto interessante dal punto di vista culturale e antropologico. Non sarebbe stata una cattiva idea far accordare Merkel, Cameron e gli altri leader europei attorno a un tavolo di buona cucina siriana.  Dopo il ‘patto della Crostata’, il ‘patto del Falafel’!

Hai un enorme seguito sui social. Ma negli ultimi mesi soprattutto la rete è inondata di tanto orrore: più che le immagini di chi muore in mare colpisce la violenza verbale, l’insulto, l’odio verso ogni minoranza. Sono stati sdoganati sentimenti e umori di cui in passato ci si vergognava? Perché?
Gli Haters sono sempre esistiti, sono i detrattori, i populisti dell’ultima ora che urlano e non argomentano. Il web li ha amplificati e resi un  fenomeno World Wide. È solo un fatto di scala e di grandezza. Quello che trovi sul web lo trovi anche per strada. Il web è fatto dalle persone. I più codardi approfittano dell’anonimato, rimane il fatto che li puoi bannare, ignorare, selezionare.  I social hanno reso ognuno di noi un mezzo di comunicazione di massa, ha democratizzato l’informazione, dovremmo tutti imparare a gestirla meglio. All’inizio ero una ‘busta’ con i social poi osservando, sperimentando ho imparato e continuo a imparare. È importante essere responsabili di ciò che si scrive. L’autorevolezza poi deriva dalla veridicità e dallo spessore di quello che proponi. Se scrivi sciocchezze avrai un certo tipo di pubblico e un numero proporzionale di followers.

Hai partecipato nei giorni scorsi al Gay Village, ospite di Vladimir Luxuria. Cosa pensi del tema dei diritti civili che ancora sono negati in Italia alle persone glbt? Perché l’Italia è sempre l’ultimo paese sui temi legati all’etica e alla laicità dello stato?
La mia presenza al Gay Village infatti è stata l’occasione per parlare della tanto attesa legge sulle Unioni Civili promessa da Renzi entro fine anno. L’Italia ha i suoi tempi essendo un Paese cattolico e ancora molto poco laicizzato, intanto il mondo si sta adeguando e sta diventando più civilizzato, non solo per quanto riguarda i gay, ma tutte le persone. Ecco, è più opportuno parlare di rispetto per l’individuo che non tirare in ballo la sessualità, perché non c’è nulla di più intimo, riservato e pure noioso di cui discutere. Cerchiamo di tornare al “succo”, al rispetto per le persone.

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Sei cattolico? Che rapporto hai con questa chiesa di papa Bergoglio?
Non sono cattolico e per natura mi stanno strette gerarchie e dogmi. Sono contro i talebani del credo, sebbene rispetto la religiosità di ciascuno e i luoghi di culto ma quelli pubblici e la res pubblica dovrebbero rimanere neutrali. Forse del sano laicismo  ci avrebbe evitato un po’ di guerre.

Sei romano, per la precisione di Frascati. Roma giorni fa è stata “profanata” dal funerale di Casamonica, nel silenzio delle Istituzioni che, solo dopo la denuncia dei media, hanno condannato quanto accaduto. Che effetto ti ha fatto?
Nessuno, forse solo le persone non di Roma si sono sorprese. I petali dall’elicottero sono nulla in confronto a ciò che giornalmente succede a Roma e che si continua a tollerare o a ignorare. Così alla fine si è tutti un po’ colpevoli o responsabili, compresi i salotti televisivi che si nutrono e alimentano tutto questo. Uomini omertosi che stringono patti segreti in luoghi sacri, strette di mano che si puliscono vicendevolmente. Purtroppo Roma è anche questo. Bella e maledetta. Santa e puttana.

Hai sostenuto la campagna contro gli agenti che commettono reati gravi nell’esercizio delle loro funzioni, sulle “morti di stato”. Ti sei anche iscritto a Giurisprudenza. Credi ancora nella giustizia in Italia?
Credo nella giustizia come principio morale, oltre che come diritto e dovere. La mia attenzione alle ingiustizie è quotidiana. Per quanto riguarda il sistema giudiziario italiano non c’è dubbio che andrebbero riformato, non è un segreto che sul nostro Paese gravano un po’ di condanne della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.

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E nella meritocrazia? L’italia è un paese solo per raccomandati?
Beh diciamo che i concetti di famiglia, clan, baronismo e nepotismo si assomigliano molto e la famiglia è un principio culturalmente molto saldo in Italia. Certamente non è facile affermarsi se sei un cane sciolto ma nell’ultimo decennio  le cose sono migliorate. Io non avevo santi in paradiso.

Oltre la cucina ami il cinema e la lettura. Ti chiedo un libro, un film e un piatto che porteresti su un’isola deserta.
Requiem For a Dream. Il primo dio. Piatto vuoto.

Un piatto che ami e uno che proprio detesti?
Amo la cacio e pepe. E detesto il piatto della bilancia.

Ti propongo un gioco che abbiamo sottoposto anche a Simone Rugiati (qui l’intervista). Ti chiedo di abbinare un piatto per ciascuno di questi personaggi politici italiani. Matteo Salvini?
Un kebab.

Beppe Grillo?
Brodo di cappone.

Matteo Renzi?
Una ribollita.

Maurizio Landini?
Un osso buco.