È entrato in vigore il contestatissimo decreto-legge “Sicurezza”, ma per cinque commissari dell’ONU la nuova normativa mette a rischio i diritti e le libertà fondamentali. Ecco cosa cambia su forze di polizia, carceri, ordine pubblico e pubblica sicurezza.

Di Mauro Orrico

Originariamente era un disegno di legge, molto contestato perché ritenuto fortemente repressivo dalle opposizioni e da centinaia di migliaia di manifestanti che sono scesi in piazza in tutta Italia, in questi mesi. Per farlo entrare in vigore prima del voto del Parlamento, togliendogli così la possibilità di modificarlo in maniera sostanziale, il governo lo ha trasformato in un decreto-legge (che entra in vigore dopo la firma del presidente della Repubblica e la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale). Il parlamento ora avrà solo 60 giorni di tempo per convertirlo in legge, e quindi avrà meno margine per intervenire.

La bocciatura dell’Onu

Dopo la lettera di qualche mese fa, in cui si esprimeva il timore che le norme contenute nel nuovo Dl Sicurezza potessero ledere i diritti umani e civili dei cittadini italiani, cinque relatori speciali delle Nazioni Unite sono tornati a scrivere al governo italiano, per chiedere la definitiva abrogazione della norma recentemente approvata.
«Siamo preoccupati dal modo in cui il governo ha trasformato un disegno di legge in decreto legge e da come quest’ultimo è stato frettolosamente approvato dal Consiglio dei ministri, aggirando così la discussione parlamentare e il dibattito pubblico», scrivono i cinque esperti Onu intervenuti sulla questione.
«Il decreto è composto da definizioni vaghe riguardanti il terrorismo che potrebbero portare ad applicazioni arbitrarie. Il testo mette a rischio la libertà d’espressione e potrebbe assumere caratteri discriminatori nei confronti di specifici gruppi di cittadini, incluse minoranze razziali ed etniche, migranti e rifugiati. Il testo è stato definito «allarmante» e non conforme agli obblighi internazionali «in materia di diritti umani, tra cui la tutela del diritto alla libertà di movimento, alla privacy, a un giusto processo e alla libertà, nonché la protezione contro la detenzione arbitraria».
Il governo italiano deve rispettare e proteggere la libertà di assemblea ed evitare restrizioni e l’uso illegale della forza», si legge nella comunicazione.

Gli esperti che hanno espresso il loro dissenso sono:

• Gina Romero, Relatrice speciale sui diritti alla libertà di riunione pacifica e di associazione;
• Ben Saul, Relatore speciale sulla promozione e la protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali nella lotta al terrorismo;
• Irene Khan, Relatrice speciale sul diritto alla libertà di opinione e di espressione;
• Mary Lawlor, Relatrice speciale sulla situazione dei difensori dei diritti umani;
• Gehad Madi, Relatore speciale sui diritti umani dei migranti.

Cosa cambia con il Decreto legge

Rispetto al Disegno legge originario, cambia molto poco. Ci sono state solo poche modifiche sui punti più contestati, anche a seguito dei rilievi fatti dal presidente Mattarella, che aveva espresso obiezioni e critiche. Questi i punti più rilevanti della nuova normativa:

• Il decreto vieta in maniera esplicita l’importazione, la lavorazione, il possesso, la cessione, la distribuzione, la vendita, il trasporto e la spedizione delle infiorescenze di cannabis light. La norma è stata molto contestata perché attualmente sono vendute a scopo ricreativo da tantissime attività commerciali nate appositamente con questo fine, che quindi ora rischiano di chiudere;

• Quanto alle forze dell’ordine e forze armate, viene introdotta l’aggravante del reato di violenza o minaccia e di resistenza a pubblico ufficiale nei casi in cui l’azione sia stata compiuta contro un agente di polizia giudiziaria o di pubblica sicurezza, con l’aumento della pena fino alla metà. Inoltre, vengono introdotte poi nuove tutele legali per i membri di forze di polizia, vigili del fuoco, forze armate indagati o imputati per fatti connessi alle attività di servizio ed è previsto che lo Stato potrà corrispondere fino a 10mila euro per le spese legali in ogni fase del procedimento penale in corso. Questo è un altro dei punti più contestati dalle opposizioni che denunciano il rischio di impunità per agenti che commettono violenze nei confronti di manifestanti o detenuti;

– Non sarà più obbligatorio per i giudici il rinvio della pena per donne incinte o che hanno figli con meno di un anno: la detenzione, che sia per una custodia cautelare o uno sconto di pena, dovrà avvenire obbligatoriamente in un Istituto a custodia attenuata per madri (ICAM);

– Viene introdotto il nuovo reato di rivolta in carcere: con «rivolta» il decreto-legge si riferisce a quelli che definisce «atti di violenza o minaccia o di resistenza» agli ordini. Il decreto-legge prevede la detenzione da uno a cinque anni, con pene più lunghe se la rivolta provoca lesioni personali, o morte, al personale penitenziario. Il reato di rivolta in carcere vale anche per i centri di trattenimento per i migranti irregolari, ad esempio i Centri di permanenza per il rimpatrio (CPR);

– Dall’originario disegno di legge, è stata invece rimossa dal decreto quella che obbligava le pubbliche amministrazioni, quindi anche le università e gli enti di ricerca, a collaborare con i servizi segreti e a fare convenzioni che imponessero di cedere dati riservati per motivi di sicurezza nazionale, in deroga alle leggi sulla privacy;

– Le forze di polizia possono scegliere – non sono obbligate come richiesto dalle organizzazioni che si occupano di diritti – di indossare bodycam sulle divise, ovvero dispositivi di videosorveglianza che servono a registrare l’operato degli agenti quando sono in servizio. Gli agenti, inoltre, sono autorizzati a portare con sé armi private, quando non sono in servizio, senza necessità di una licenza;

– Il decreto-legge introduce anche il reato di detenzione di materiale con finalità di terrorismo: è prevista una pena da due a sei anni per chi si procura o detiene materiale che contiene istruzioni per costruire o utilizzare armi di vario tipo, anche chimiche o batteriologiche, con finalità di terrorismo;

– Il decreto inasprisce le pene per chi deturpi o imbratti beni mobili o immobili utilizzati da istituzioni pubbliche: si rischia il carcere da sei mesi a un anno e mezzo e la multa da mille a 3mila euro, con aumenti di pena in caso di recidiva. Questa norma è considerata, dai movimenti ambientalisti e opposizioni, un attacco diretto soprattutto alle lotte del movimento di Ultima Generazione e alle loro azioni di disobbedienza civile;

– Viene inoltre introdotto un nuovo reato sulle occupazioni abusive di immobili, punito con la reclusione da due a sette anni, e procedure per accelerare lo sgombero dell’immobile occupato, nel caso in cui sia formalmente l’unica abitazione di chi ha denunciato;

– Il decreto-legge prevede un’aggravante per quelli che definisce «atti violenti» compiuti con l’obiettivo di impedire la realizzazione di un’infrastruttura: è la cosiddetta “norma anti-No TAV”, con riferimento alla contestata e discussa costruzione della linea ferroviaria ad alta velocità in Val di Susa;

– Le sanzioni per chi attua un blocco stradale, cioè impedisce la libera circolazione su strada aumentano. Finora era prevista una multa che andava da mille a 4mila euro, mentre ora viene introdotta la reclusione fino a un mese, oltre a una multa fino a 300 euro;

– Il decreto-legge aumenta anche le pene per le truffe agli anziani, che ora diventano un’aggravante specifica al reato di truffa (prima erano un’aggravante comune): sono punibili da due a sei anni di carcere, e con multe da 700 a 3mila euro.