L’autorità sanitaria cinese ha comunicato che ieri, venerdì 5 giugno, non sono stati segnalati nuovi casi di Covid-19 trasmessi a livello locale in Cina continentale, mentre solo 5 casi si sono verificati a Shanghai e uno nella provincia del Sichuan. La commissione inoltre rivela che non si segnalano decessi legati alla malattia o nuovi casi sospetti.

Già nel mese di aprile, la Cina aveva (quasi) sconfitto il virus, riaprendo le città e le fabbriche dopo i 3 mesi di quarantena e una rigidissima politica di contenimento dell’epidemia, poi in parte seguita dall’Italia e da quasi tutti gli altri Paesi. Dopo nuove parziali chiusure legate a piccoli focolai prontamente repressi e alla paura dei contagi di ritorno, il Paese ha ricominciato a vivere. La Cina è stata la prima ad essere colpita e anche la prima a uscirne, anche se è ancora prematuro affermare che il virus sia stato totalmente debellato.

L’inizio dell’emergenza

Tutto inizia l’8 dicembre 2019, con la chiusura del mercato del pesce della città di Wuhan ritenuto il focolaio dell’epidemia. Il 23 gennaio l’area metropolitana e lo stato dell’Hubei vengono classificati come zona rossa e tutta la regione composta da 50 milioni di persone viene isolata (come poi abbiamo fatto in Italia, prima con l’area di Codogno e poi con il resto del Paese).

Come è stata gestita la crisi

Dal 23 gennaio la Cina ha montato un esperimento di quarantena di proporzioni mai viste. Oltre all’adozione di misure rigidissime, sono stati allestiti 16 ospedali mobili per ospitare una parte dei malati.

La classificazione in gruppi
Malati, familiari e persone che hanno avuto contatti sono state divise in 4 gruppi. Il primo comprendeva soggetti positivi al test, collocati nei nuovi ospedali costruiti appositamente; i più gravi venivano poi trasferiti negli ospedali tradizionali. Nel secondo gruppo sono stati collocati i casi sospetti, con sintomatologia da coronavirus, posti in quarantena negli hotel o in altre strutture appositamente designate. Il terzo comprendeva soggetti con febbre, messi in quarantena negli hotel. Nel quarto gruppo c’erano le persone che hanno avuto contatti con soggetti del primo e del secondo gruppo, anche loro in quarantena in hotel, in studentati o altre strutture dedicate.

Tutti i pazienti risultati positivi al test sono stati trasferiti nei 16 ospedali mobili o in locali simili appositamente allestiti.

Le sale congressi e gli stadi (convertiti in ospedali provvisori) e l’ospedale Wuchang Fangchang, insieme, hanno garantito 20mila posti letto, per ridurre il carico delle terapie intensive dei veri ospedali.

Altri provvedimenti
Misure di contenimento sono state il divieto di circolazione, la distanza sociale e la quarantena domestica. L’arresto del virus è stato reso possibile grazie a norme rigidissime, anche attraverso un controllo delle frequenze di uscita delle persone per fare la spesa. Le autorità hanno organizzato anche la spesa a domicilio.

Gli ospedali sanitari
Tutte le strutture sono state dotate di tute protettive, occhiali medici, cappellini, maschere e due strati di guanti. Tutti i medici e gli infermieri hanno vissuto in hotel o in altre strutture designate per evitare il contagio dei familiari.

I test e le diagnosi
Il governo ha deciso di fare test a tutte le persone venute a contatto con i pazienti malati. La diagnosi precoce previene la progressione della malattia e riduce i casi gravi e il numero di morti.

La fine dell’epidemia?
Tutti i 16 ospedali Fangchang di Wuhan sono stati chiusi il 10 marzo. Nessuno dei 42.000 operatori sanitari esterni che sono andati a Wuhan è stato infettato, stando a quanto dichiarato da fonti governative e già ad aprile, per la prima volta, non risultavano nuovi contagi da Covid19. Ma a quale prezzo? La Cina ha dovuto impegnare risorse enormi e limitare pesantemente la libertà di movimento di milioni di persone, ricorrendo ad un sistema di censura delle opinioni, di controllo della popolazione e una struttura statale tutt’altro che trasparente. L’esperienza di Wuhan, sebbene estremamente rigida e difficilmente applicabile nelle nostre democrazie, è stato un modello osservato e poi applicato (solo in parte) in tutto il mondo, Italia in testa.