La legge numero 242 del 2 dicembre 2016 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale. La nuova legge italiana sulla canapa industriale è finalmente entrata in vigore il 14 gennaio. Il presidente di Coldiretti Roberto Moncalvo ha affermato: “si ha finalmente un quadro legislativo che può valorizzare le caratteristiche distintive della canapa in Italia, dove si sta verificando una rapida diffusione della coltivazione dalla Puglia al Piemonte, dal Veneto alla Basilicata, ma anche in Lombardia, Friuli, Sicilia e Sardegna”.

La legge approvata definitivamente era stata inizialmente proposta dal Movimento 5 Stelle con Loredana Lupo prima firmataria per poi divenire un testo unificato che racchiudeva le altre proposte di legge di Sel, Pd e Area Popolare. La legge è stata proposta nel 2013, approvata a novembre ed è entrata in vigore il 14 gennaio. Si tratta di un momento storico per tutto il settore. La canapa infatti serve per produrre alimenti (semi, olio, farina), bio-carburante, carta, tessuti, cordame, prodotti cosmetici e materiali (spesso innovativi e molto efficienti) e per la bio-edilizia.  Fino agli anni 50 l’Italia era prima al mondo per la produzione di canapa, con piantagioni presenti in gran quantità in Piemonte, Emilia Romagna e sud Italia. All’inizio del 1900, prima dell’avvento del proibizionismo, in Italia coltivavamo più di 100mila ettari di canapa, nel 2015 ne abbiamo coltivati poco più di 3mila.

Canapa, cannabis e marijuana
La quantità di Thc contenuta nella canapa la distingue dalla cannabis e/o marijuana ma entrambe sono la stessa pianta, parte della famiglia botanica delle Cannabaceae. La nuova legge innalza la quantità di percentuale di Thc, il principio attivo che provoca gli effetti psicotropi propri delle “droghe leggere”, dallo 0,2% allo 0,6% senza comportare alcun problema per l’agricoltore. Nelle convenzioni internazionali lo 0,3% di thc è diventato il limite imposto alle coltivazioni legali a scopi produttivi. Sopra questa soglia si tratta di cannabis, quindi droga. Ma è una convenzione arbitaria contestata da molti antiproibizionisti che negano la differenza tra canapa, cannabis e marijuana.


Cosa cambia con la nuova legge?
Le novità introdotte dalla nuova legge sono principalmente 3:

– non è più necessaria alcuna autorizzazione per la semina di varietà di canapa certificate con contenuto di THC al massimo dello 0,2%. Quindi significa che la comunicazione alla più vicina stazione forze dell’ordine (Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di Finanza) tramite un modulo denuncia, NON è più necessaria. Gli unici obblighi per il coltivatore sono quello di conservare i cartellini della semente acquistata per un periodo non inferiore a dodici mesi e di conservare le fatture di acquisto della semente per il periodo previsto dalla normativa vigente.

La percentuale di THC nelle piante analizzate potrà oscillare dallo 0,2% allo 0,6% senza comportare alcun problema per l’agricoltore. Gli eventuali controlli verranno eseguiti da un soggetto unico e sempre in presenza del coltivatore, e gli addetti al controllo sono tenuti a rilasciare un campione prelevato per eventuali contro-verifiche. Nel caso in cui la percentuale di THC dovesse superare la soglia dello 0,6%, l’autorità giudiziaria può disporre il sequestro o la distruzione della coltivazione, ma anche in questo caso “è esclusa la responsabilità dell’agricoltore“.

– Sono previsti finanziamenti nell’ordine massimo di 700mila euro l’anno “per favorire il miglioramento delle condizioni di produzione e trasformazione nel settore della canapa”.