Il razzismo la paga cara. Iniziano, finalmente, a non restare più impuniti gli insulti, gli attacchi feroci che spesso sentiamo e leggiamo soprattutto sui social. La prima buona notizia è che il tribunale di Bergamo ha condannato ad un anno e sei mesi il senatore leghista Roberto Calderoli per aver rivolto insulti razzisti a Cecile Kyenge. Calderoli aveva dato dell’orango all’ex ministro del governo Letta, nel luglio 2013 alla festa della Lega Nord di Treviglio. I giudici hanno riconosciuto l’aggravante razziale, l’ex ministro non si è costituita parte civile e non sono previsti risarcimenti di natura economica.

La seconda buona notizia per chi si batte contro l’odio sociale e il sessismo è la condanna di un altro hater di professione. Il sindaco leghista di Pontinvrea, Matteo Camiciottoli, aveva augurato lo stupro a Laura Boldrini per farle “ritornare il sorriso”, in un post pubblicato nel settembre del 2017 su Facebook. L’uomo è stato condannato e dovrà risarcire 20mila euro a Boldrini e cento euro a ciascuna delle associazioni che si sono costituite parte civile.

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Nelle stesse ore è arrivata un’altra condanna, questa volta per omofobia, nonostante manchi ancora una legge che tuteli le persone Lgbti dagli insulti e dalle offese. La giudice Melania Eugenia Cafiero ha condannato Silvana De Mari per diffamazione verso il Coordinamento Torino Pride. La sentenza prevede che paghi 1500 € di multa, 2500€ di risarcimento danni al Coordinamento Torino Pride e 2500€ a Rete Lenford, entrambe parti civili nel processo. L’autrice di libri fantasy aveva accostato l’omosessualità alla pedofilia e dichiarato che essere gay è contro natura. E’ la prima volta che una’associazione Lgbti raggiunge questo traguardo in tribunale. Il Torino Pride devolverà il risarcimento all’Ospedale Infantile Regina Margherita.

La pacchia è finita, diceva qualcuno. Il ministro Matteo Salvini si riferiva alla presunta “bella vita” condotta dai migranti nei centri d’accoglienza. Ora la pacchia finisce finalmente anche per gli odiatori di professione.

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