Il 22 maggio 1978, entravano in vigore “le norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza”, meglio note come Legge 194. Prima del 1978, l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG), in qualsiasi sua forma, era considerata reato dal codice penale italiano. Tuttavia, veniva praticata ugualmente, spesso a domicilio da medici e donne dette “mammare”, in cambio di denaro, attraverso metodi dolorosi e altamente rischiosi per la salute delle pazienti che a volte morivano in seguito ad emorragie e infezioni. La legge, frutto delle battaglie dei Radicali e in particolare delle militanti Adele Faccio ed Emma Bonino, ha decriminalizzato e disciplinato le modalità di accesso all’aborto. A votare e difendere la legge furono PCI, PSI, PSDI, PRI, PLI e Partito Radicale.

Gli esperti del Guttmacher Institute americano hanno pubblicato un rapporto sull’accesso all’interruzione di gravidanza nel mondo. Nei paesi dove è illegale ci sono in media 37 interruzioni ogni mille donne in età fertile, mentre dove è permesso 34 ogni mille. Il dato italiano è di 6,5 aborti ogni mille donne e il dato è in continuo calo. L’Italia, si legge nel documento, fa parte di quelli che hanno le leggi migliori e meno restrittive. Nonostante gli obiettori.

Dati statistici sugli aborti in Italia

Grafico dei dati del Ministero della Salute sul numero di aborti chirurgici eseguiti in Italia. (Clicca sul grafico per ingrandirlo)

IL GRANDE OSTACOLO: I MEDICI OBIETTORI

In Italia, ci sono regioni e città dove è quasi impossibile abortire. In 11 anni, dal 2005 al 2016, la quota dei medici obiettori di coscienza è aumentata del 12%. Nel Molise sono obiettori il 93,3% dei ginecologi, il 92,9% nella PA di Bolzano, il 90,2% in Basilicata, l’87,6% in Sicilia, l’86,1% in Puglia, l’81,8% in Campania, l’80,7% nel Lazio e in Abruzzo. In alcuni casi è emerso che medici che si dichiaravano obiettori nelle strutture pubbliche eseguivano aborti in quelle private, a pagamento.
Attualmente, su 94 ospedali con un reparto di ostetricia e ginecologia, solo 62 effettuano interruzioni volontarie di gravidanza. Cioè solo il 65,5% del totale.

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Katrine Thomasen del Center for Reproductive Rights, uno degli autori del rapporto, sostiene che “nella pratica spesso le donne hanno grandi difficoltà, c’è un numero insufficiente di personale non obiettore in molte regioni e strutture”. Ma la legge 194, nell’articolo 43, stabilisce anche che “l’obiezione di coscienza del medico si esprime nell’ambito e nei limiti della legge vigente e non lo esime dagli obblighi e dai doveri inerenti alla relazione di cura nei confronti della donna”.

LA SVOLTA DEL LAZIO

Nel mese di febbraio 2017 la Regione Lazio ha deciso di pubblicare un bando rivolto solo a medici non obiettori. Una svolta storica che l’Ordine dei Medici e l’ex ministra della salute Beatrice Lorenzin hanno condannato. Pochi mesi dopo, l’amministrazione guidata da Nicola Zingaretti ha anche avviato una sperimentazione per praticare l’interruzione volontaria di gravidanza nei consultori. Tra le polemiche dei partiti cattolici e di centrodestra.
Se la legge 194 si conferma, dunque, un pilastro importante nella difesa dei diritti e della salute, c’è ancora tanto da fare.