Il presidente ultraconservatore dell’Iran Ebrahim Raisi è morto domenica in un incidente di elicottero, tra le montagne del nord-ovest. Cosa accadrà adesso nel Paese, scosso dalla crisi e dalle proteste?

Di Mauro Orrico

Aveva 63 anni ed era presidente dell’Iran dal 2021, quando vinse le elezioni ottenendo 17,9 milioni di preferenze, il 62% del totale. Il presidente dell’Iran Ebrahim Raisi è morto domenica in un incidente in elicottero, caduto in una zona montuosa nel nord-ovest del paese. I rottami dell’elicottero su cui viaggiava sono stati trovati dopo molte ore di ricerche. A bordo c’era anche il ministro degli Esteri, Hossein Amir-Abdollahian. Nel Paese sono stati proclamati 5 giorni di lutto nazionale. Per tutta la giornata, la tv di regime ha mandato in onda sure del Corano e la Guida Suprema dell’Iran, Ali Khamenei, ha invitato il popolo alla preghiera. In tanti, soprattutto giovani, però hanno festeggiato: fuochi d’artificio sono stati sparati in segno di festa a Teheran e a Saqqez, la città dove è nata e cresciuta Mahsa Jina Amini.

Chi era Ebrahim Raisi

Raisi era espressione della componente ultraconservatrice della politica iraniana, molto vicino alla Guida Suprema dell’Iran, Ali Khamenei, il leader assoluto dell’Iran e rappresentante della fazione più radicale del regime, di cui era anche il probabile successore. Da quando è divenuto presidente, il regime iraniano ha attuato una repressione feroce e violenta del dissenso, in particolare dopo le proteste di piazza iniziate in seguito alla morte di Mahsa Amini, la donna di 22 anni morta il 16 settembre del 2022 a Teheran dopo essere stata arrestata dalla polizia religiosa per non avere indossato correttamente il velo islamico, o hijab, come prescritto dalle leggi iraniane. Dalla forte ondata di proteste che ne è nata, si stima che negli scontri siano stati uccisi almeno 500 manifestanti, migliaia siano stati feriti e almeno 20mila arrestati. Sette degli arrestati sono stati condannati a morte per impiccagione. Nelle carceri e nei centri di detenzione, sono tante le testimonianze di abusi, torture e stupri.

In politica estera, Raisi ha intensificato i rapporti commerciali e la collaborazione con Russia e Cina, sostenendo Putin nella guerra contro l’Ucraina. Ha anche ripreso il programma nucleare, anche se Raisi ufficialmente ha sempre negato, bloccando ogni possibile ispezione internazionale. Il regime ha, inoltre, finanziato e addestrato vari gruppi militari radicali sciiti per aumentare la propria influenza nell’area mediorientale.

Il futuro dell’Iran

Secondo la costituzione iraniana, dopo la morte del presidente si apre un periodo cosiddetto dei 50 giorni. Sono i 50 giorni necessari per organizzare nuove elezioni dove il vicepresidente Mohammad Mokhber Dezfuli prende temporaneamente le responsabilità del governo. Nella corsa presidenziale gareggiano solo nomi approvati dall’ayatollah Ali Khamenei, quindi non ci sarà nessun oppositore.
Per la comunità internazionale e per chi spera in una svolta moderatamente riformista, l’unica speranza ad oggi è nell’arrivo un despota «illuminato», nell’attesa – forse – di quel ricambio generazionale sul modello di quanto avvenuto in Arabia Saudita. Potrebbe essere probabilmente questo il «male minore» per far fronte alla crisi economica e ai movimenti di protesta che hanno attraversato il paese più volte nel periodo recente e di cui le donne iraniane sono state le protagoniste più coraggiose.