Storia, immagini e (prime) vittorie del più grande movimento di massa americano che in pochi anni ha cambiato profondamente gli Stati Uniti.

Nel 2020, la rivista americana TIME ha inserito tra le 100 persone più influenti dell’anno Alicia Garza, Patrisse Cullors e Opal Tometi, le tre donne fondatrici del movimento Black Lives Matter (“le vite dei neri contano”), tornato in piazza due anni fa dopo l’uccisione da parte della polizia di George Floyd a Minneapolis. In questi lunghi mesi, Black Lives Matter è cresciuto tanto, fino a diventare uno dei gruppi più influenti al mondo nelle lotte per la giustizia sociale. «Quelle tre parole sono diventate un grido di battaglia per milioni di persone in tutto il mondo che protestano contro la violenza e il razzismo sistemico contro i neri», si legge sul TIME.

C’è chi lo considera il movimento più grande della storia americana: alle manifestazioni dopo la morte di Floyd hanno partecipato tra i 15 e i 26 milioni di persone; tra maggio e agosto 2019 sono state organizzate 7.750 proteste negli Stati Uniti e in altri 60 Paesi nel mondo. I Repubblicani lo accusano di dare spazio e visibilità alle frange più radicali e violente dell’anticapitalismo Usa, ma grazie a BLM è cambiata anche la percezione popolare: per l’Economist il 76% degli americani considera oggi il razzismo uno dei principali problemi del Paese.

Washington. Foto: Clay Banks © Unsplash

Il movimento esiste dal 2013, quando un agente di polizia uccise un 17enne di colore ritenuto un ladro ma in realtà innocente e la Corte assolse l’uomo in nome della “legittima difesa”. La decisione del tribunale scatenò indignazione e proteste. L’attivista Alicia Garza, di Oakland, postò un messaggio su Facebook, che si concludeva con queste parole: “Persone nere. Vi amo. Le nostre vite contano”. Patrisse Cullors, amica di Garza, condivise il post aggiungendo l’hashtag #BlackLivesMatter, diventato in pochissimo tempo virale e dando vita di fatto al movimento che in pochi anni ha cambiato molto dell’America.

Cosa ha ottenuto finora il movimento

Il movimento «Black Lives Matter» ha innanzitutto contribuito a far vincere, da sinistra, Joe Biden alle ultime elezioni presidenziali e alla sconfitta di Donald Trump. Dal punto di vista culturale e simbolico, nella società americana, i cambiamenti sono stati vistosi e anche controversi. Le celebrità hanno donato milioni di euro alle organizzazioni affiliate al movimento, alcuni manager si sono dimessi per far posto a leader afroamericani, i brand sono diventati militanti. Nelle strade d’America non sono mancati talvolta eccessi e violenze e, per la prima volta forse nella storia americana, sono stati duramente colpiti i simboli del suprematismo bianco: numerose statue di leader confederati e mercanti di schiavi negli Stati Uniti sono state rovesciate o vandalizzate e perfino il colossal Via col vento è stato temporaneamente rimosso dal servizio di streaming Hbo Max per la sua rappresentazione stereotipata della servitù di colore.

Gli effetti sono rimbalzati anche in Europa. Il sindaco di Londra, Sadiq Khan, ha lanciato una “commissione per la diversità” per indagare su quali statue debbano essere mantenute e anche in Italia c’è chi ha imbrattato la statua di Indro Montanelli, che non ha mai nascosto di aver comprato e sposato una schiava sessuale eritrea di 12 anni.

La polizia non è più intoccabile

Le conseguenze più concrete del movimento di piazza riguardano però la polizia, non più intoccabile. In molte città statunitensi si studiano modi per ridurre eccessi e brutalità dei poliziotti. Il consiglio comunale di Minneapolis ha richiesto agli agenti di intervenire quando vedono un uso non autorizzato della forza da parte di un collega. Il dipartimento di polizia di Louisville, in Kentucky, ha licenziato uno dei tre agenti coinvolti nella sparatoria in cui è stata uccisa l’afroamericana Breonna Taylor. A Buffalo, New York, due poliziotti – difesi pubblicamente da Trump – sono stati sospesi senza stipendio e poi accusati di aggressione aggravata dopo che un video li ha mostrati mentre spingevano per terra un manifestante di 75 anni, ricoverato in ospedale con una ferita alla testa.

Charlotte, NC, USA

Defund the police è uno degli slogan di Black Lives Matter. Significa ridurre le spese per la polizia, investendo in programmi sociali per affrontare questioni di fondo come la salute mentale, il decoro urbano o la dipendenza dalle droghe. I primi effetti del controverso slogan, contestato dalla destra americana, già sono realtà: a New York, il sindaco De Blasio ha promesso di tagliare i finanziamenti alla polizia locale da sei a cinque miliardi di dollari e il consiglio comunale di Baltimora ha approvato un taglio di bilancio di 22,4 milioni di dollari per le forze di sicurezza. Philadelphia ha annullato il previsto aumento di 19 milioni di dollari per il dipartimento di polizia e ne ha spostati 14 milioni di dollari altrove – compresi gli alloggi a prezzi accessibili.
«Sembra che queste proteste stiano raggiungendo un risultato che poche fanno: dare il via ad un periodo di cambiamento politico e sociale significativo, sostenuto, e ampio», ha commentato Douglas McAdam, professore emerito della Stanford University e studioso di movimento sociali.

Washington. Foto: Clay Banks © Unsplash

Le grandi aziende non stanno a guardare

Gli amministratori delegati delle grandi aziende hanno tentato, riuscendoci in parte, di far cambiare idea ai social media. Coca-Cola, ad esempio, lo scorso anno ha messo in pausa la pubblicità a pagamento su tutte le piattaforme di social media a livello globale per 30 giorni, con questa spiegazione: «Ci aspettiamo maggiore responsabilità e trasparenza dai nostri partner dei social media». Apple, Google e Facebook hanno dichiarato il loro sostegno a Black Lives Matter. IBM ha deciso con una lettera al Congresso di uscire dal mercato del riconoscimento facciale, dichiarandosi contraria all’utilizzo di queste tecnologie per la sorveglianza di massa e la profilazione razziale. Facebook ha deciso di segnalare i post “degni di nota” dei politici che infrangono le sue regole, chiudendo – così come ha fatto anche Twitter – l’account dell’ex presidente Trump, sconfitto alle ultime presidenziali Usa dal democratico Joe Biden anche grazie alla forza dirompente di quelle piazze gremite nel nome di #BLM.

 


Di Mauro Orrico
Salentino di origine, romano di adozione, è laureato in Scienze Politiche (La Sapienza) con Master in Tutela Internazionale dei Diritti Umani. Ha lavorato per Rai3 e La7d. Da 14 anni è anche organizzatore di eventi di musica elettronica e cultura indipendente. Nel 2014 ha fondato FACE Magazine.it di cui è direttore editoriale..