La cultura dei femminielli in Campania è una di quelle realtà che non può non affascinare. Si tratta di un mondo antico che ha radici nella religione e nella cultura popolare, cristiana come pagana. Abbiamo incontrato a Napoli, città in cui è nato e vive tuttora, CiroCiretta dell’Associazione Femmenelle Antiche Napoletane (A.F.A.N) e storico attivista del “movimento per la libertà delle diversità dell’essere”.

CiroCiretta, come definiresti la cultura del femminiello?
Io ho sempre pensato che non sia la persona, ma la geografia a essere davvero centrale. È Napoli con le sue tante anime che rende differente il femminiello. Persone che non si sentono né uomo, né donna ma entrambi, in modo dualistico, si possono trovare in tante culture, ma è la nostra terra che rende un femminiello quello che è. Non è l’essere umano il protagonista, infatti l’uomo è solamente “un essere appena ricoperto di pelle”. È la terra, la cultura, la storia che fanno del femminiello qualcosa di napoletano. Spesso si tende a mettere l’essere umano al centro, ma è il luogo in questo caso ad essere centrale e a far sì che l’essere ne assorba l’energia.

Il mondo dei femminielli è legato alla cultura popolare?
Il femminiello è profondamente legato al concetto del doppio e alle classi popolari. Gli strati più poveri della società sono portati dalla vita a essere doppi pur di vivere, direi quasi più rilassati, perché non hanno nulla da perdere. Sono abituati a non scandalizzarsi per le complessità della vita. I guappi del Rione Sanità erano spesso spietati, ma anche raffinati e saggi pensatori che potevano sostenere discussioni profonde con gli intellettuali più famosi. Il popolo campano non si scandalizza nel vedere una prostituta che cura l’edicola votiva con la Madonna dell’Arco accanto al “basso” in cui esercita. In più negli ambienti popolari si deve per forza fare squadra per ottenere qualcosa. Il poco cibo che c’è viene condiviso. Vi sono tentativi di alleanza anche con il mondo dell’aldilà, per esempio con le “anime pezzentelle” quelle delle persone sepolte in fosse comuni durante i secoli. A Napoli ci si prende cura dei loro teschi e in cambio delle preghiere che si fanno per loro si chiedono delle grazie. Una vera alleanza tra il popolo sulla terra e quello dell’oltretomba. La figura del femminiello è mascolina e femminile e quando è ben miscelata non si sa davvero distinguere una dall’altra. Non vi è alcuna ansia di doversi definire.

In foto: CiroCiretta.

La cultura dei femminielli è molto legata agli antichi culti vicini alla dea Madre Terra, così come lo è quella musicale delle tammurriate campane. Questo legame con il mondo femminile oggi si vede ancora nel culto dei sette santuari legati alla Vergine che secondo alcune tradizioni sono Montevergine, la Madonna delle Galline a Pagani, la Madonna a Castiello, Materdomini a Nocera, Bagni a Scafati, la Madonna della Neve a Torre Annunziata, l’Avvocata a Cava dei Tirreni. Ma vi sono anche altre varianti. Come spieghi questi legami?
Per capire bene questo legame consiglio di leggere il libro di Marco Bertuzzi che ha studiato profondamente il rapporto tra la cultura dei femminielli e la cultura pagana e quella cristiana.Io posso solamente dire che quando si entrava nelle case dei proletari, c’era sempre un angolo in cui si tenevano le foto dei morti. La Campania è una terra che ha sempre conservato il rapporto con quello che “non si vede, ma che è comunque presente”. Un legame con il passato che non è per forza sbagliato. La modernità quando nasce è molto seduttiva, ha una sua profonda potenza ed è neutra. C’è chi ne fa uso per beneficiare l’umanità e rendere migliore la nostra vita. Altri invece che la usano malvagiamente come avvenne per gli ebrei, zingari e omosessuali che furono gassati industrialmente.

Che rapporto hai con la tammuriata e la musica in generale?
Personalmente ho un rapporto con la musica talmente profondo che mi sembra di andare quasi in trance. È come se cogliessi l’energia della vita, come con la sessualità. Questa forza mi permette di capire che non sono io al centro, ma la vita stessa, con le sue infinite possibilità. Sono gli elementi della vita che determinano alla fine chi sono e sarò. Quando morirò non lo farò come femminiello, ma come essere umano.

I femminielli hanno ancora riti antichissimi, probabilmente di origine greca.
Portiamo avanti antichissime tradizioni come il matrimonio della Zeza, la Morte di Carnevale e la Figliata.
In una di essi la “figliata” i femminielli portano avanti l’antica tradizione, di probabile derivazione pagana, degli uomini che si comportano come se stessero partorendo. Un rito talmente complesso che bisogna studiare molto per comprenderne tutti i significati.
Un altro rito è il funerale del Carnevale. Fa parte della cultura popolare europea e in Campania è intimamente legato al mondo dei femminielli, a quello delle signore anziane che ancora conoscono l’antica arte della lamentazione funebre e a quello dei cantori di tammurriata, come Marcello Colasurdo o Biagio De Prisco e esperti di cultura Popolare come Bruno Buoninconti.
La vedova e gli amici si siedono attorno al morto “Vincenzo detto Carnevale”. Lo piangono, ma lo pigliano anche in giro. Le battute a doppio senso sulle sue doti perdute risuonano tra lamenti funebri e occhiolini. In paesi come San Marzano sul Sarno il popolo viene a rendere omaggio alla “festa defunta”. Nonni e nipotini, genitori e figli si accalcano per salutare e sfottere la salma. Alcuni di questi riti sono descritti nello splendido documentario di Elisa Flaminia Inno, “Pagani”.

Insieme a Luigi di Cristo e altri hai fondato l’Associazione Femminelle Antiche Napoletane (Afan).
Lo scopo dell’associazione è tramandare la storia dei femminielli prima che sparisca. Raccogliamo fotografie, lettere, ricordi, che alla morte dei femminielli vengono di solito buttati. È un modo per tenere vivo il loro mondo. La gente purtroppo molto spesso non conserva più né le carte e né le foto di molti di loro che vengono perdute per sempre. L’Afan salva i ricordi dei femminielli per creare un archivio che conservi la memoria di questa cultura.


Di Luca Fortis
Giornalista professionista, laureato in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali alla Cattolica di Milano. Un pizzico di sangue iraniano e una grande passione per l’Africa e il Medioriente. Specializzato in reportage dal Medio Oriente e dal Mediterraneo, dal 2017 vive a Napoli dove si occupa di cultura e quartieri popolari e periferici.