La botanica russa Irina Springuel sta creando il più grande giardino di piante del deserto egiziano, all’interno del primo “eco and cultural resort” di Wadi Sabarah.

I giardini del deserto sono un mondo affascinante e stanno crescendo di popolarità. Spesso però si conoscono le varietà di piante del deserto americane o australiane, ma non quelle del Nord Africa.
Irina Springuel, botanica russa, laureata presso l’Università Statale di Leningrado, ha passato una vita intera in Egitto, lavorando presso l’Università di Assuan come professoressa di Botanica.
Il suo Ph.D di ricerca, sull’isola nella prima cataratta del Nilo presso Assuan, ha portato alla creazione di un’area protetta per salvare questo habitat unico.
Springuel, oggi in pensione, è autrice del libro The Desert Garden, a practical guide e oggi vive e lavora presso il Wadi Sabarah, un “eco and cultural resort”, dove sta creando il più grande giardino di piante del deserto egiziano.
Il Wadi Sabarah è nato per creare un luogo in cui il turismo straniero e quello egiziano possano riscoprire un modo di viaggiare lento e che non snaturi l’ambiente marino e quello del deserto.

Irina Springuel

Nell’eco resort spesso sono ospitate “boarding school” per i bambini egiziani che vengono qui per apprendere il rapporto con la natura.
Nell’hotel vi è anche una enorme biblioteca in cui si possono consultare libri sulla Via del Porfido, le cave egiziane da cui in antichità si estraeva questa preziosa pietra, sulle tribù di beduini della zona, gli Ababda e sugli ecosistemi del deserto.
Presso il Wadi Sabarah si sta creando anche un museo di vestiti tradizionali della regione curato da Shahira Mehrez, la più grande esperta di vestiti tradizionali egiziani dall’epoca faraonica a oggi.
L’idea di creare il più grande giardino di piante egiziane del deserto è venuta ad Irina Springuel, dopo che ha constatato che la maggior parte dei giardini egiziani è ormai fatto da piante non autoctone, mentre le piante desertiche locali sono poco considerate. Eppure queste piante sono di un’estrema bellezza e permettono di consumare molta meno acqua, in quanto sono strutturate per crescere da millenni nel deserto egiziano.

Nei siti archeologici egiziani, in particolare nelle tombe, nei templi e nei papiri, sono state ritrovate moltissime informazioni su queste piante e sul loro utilizzo, sia per bellezza nei giardini, ma anche per fini alimentari o medici. Gli antichi egiziani ci hanno lasciato moltissimi affreschi e scritti su di esse.
Gli affreschi delle tombe sono pieni di scene di caccia in cui sono rappresentate le piante del deserto, così come vi sono molte rappresentazioni di giardini privati e di templi, in cui queste piante erano le protagoniste. Alcuni di queste piante sono state addirittura essiccate e messe nelle tombe e si sono conservate fino a noi.
Nonostante i giardini egiziani continuassero a essere molto apprezzati anche sotto il dominio dell’Impero romano, oggi in molti siti archeologici del paese, gli alberi e i giardini che vi si trovano, non sono quasi mai di piante autoctone.
Springuel sottolinea come gli alberi del deserto, come per esempio il tamarisk, riescano a creare zone d’ombra preziosissime nel deserto, utilizzando pochissima acqua. Anche l’ulivo e la palma da dattero, che in Egitto sono sempre stati coltivati per fini commerciali, finalmente incominciano a essere piantate anche nelle zone residenziali cittadine e nei giardini pubblici.

Per Irina sarebbe molto importante piantare piante del deserto anche nei siti archeologici, perché queste specie possono frenare i processi di erosione dovuti al vento e all’acqua.
Nei siti archeologici vicini al Nilo, piante come il tamarisk e l’acacia possono aiutare a frenare l’erosione dovuta all’alternarsi delle inondazioni del Nilo e di periodi di secca.
Negli alberghi nella zona del Mar Rosso quasi sempre vengono creati giardini con piante non autoctone e questo ha creato un enorme spreco d’acqua in zone desertiche, dove l’acqua è un bene molto prezioso. Creare giardini del deserto nei resort è il modo migliore per risolvere questo problema. Moltissime piante locali come il tamarisk, molte specie di acacia, il “toothbrush tree”, i capperi ed il fico comune, sono anche molto resistenti all’elevata salinità del terreno nei pressi del Mar Rosso. Per fortuna, pian piano, racconta Springuel, alcuni eco lodge in giro per il paese, incominciano ad aver capito l’importanza di piantare piante del deserto nei loro giardini. Anche perché aiutano a creare isole di biodiversità e piccoli santuari per gli animali locali.

Springuel ha deciso di scrivere il libro proprio per aiutare i proprietari dei resort a piantare piante che non sprechino acqua e per orientare le amministrazioni pubbliche a selezionare le giuste piante per gli spazi pubblici e per i siti archeologici.
Il libro inizia con una panoramica sulla vegetazione nei deserti orientali e occidentali egiziani e nella Valle del Nilo per dare ai lettori informazioni generali sugli habitat naturali in cui si trovano molte delle piante elencate nel libro.
La zona del Sinai, pur ricchissima di specie vegetali, è stata volontariamente tralasciata. Oltre alla descrizione delle piante, il libro contiene informazioni su come ottenerle e come piantarle. In alcuni casi si tratta di piante molto rare, che grazie a Irina e ai suoi ex studenti, oggi professori e amici cominciano a piantare in giro.
Molte di esse, avendo scopi alimentari o medici, stavano scomparendo in natura per l’eccessivo sfruttamento. I consigli su come piantarle nascono dall’esperienza personale dell’autrice che ne ha piantate parecchie nella Wadi Allaqui Biosphere Reserve durante gli anni in cui lavorava per l’Università di Assuan. Nel libro, oltre all’illustrazione di ogni singola pianta consigliata, molto spazio è riservato alle tecniche di irrigazione.
Il lavoro che Irina sta portando avanti è un prezioso lascito per le future generazioni di egiziani.

 


Di Luca Fortis
Giornalista professionista, laureato in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali alla Cattolica di Milano. Un pizzico di sangue iraniano e una grande passione per l’Africa e il Medioriente. Specializzato in reportage dal Medio Oriente e dal Mediterraneo, dal 2017 vive a Napoli dove si occupa di cultura e quartieri popolari e periferici.