Il ministero della Sanità di Gaza parla di oltre 41 morti, tra cui tre bambini e una donna, e più di duemila feriti. Le proteste stanno infiammando in queste ore Gaza dopo che gli Stati Uniti hanno spostato da oggi la loro ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme, confermandone il riconoscimento di capitale d’Israele. Una decisione che ha provocato molte tensioni, condannata da molti paesi, anche dall’Unione Europea e dal mondo arabo, ma celebrata da Israele. La preoccupazione di tutti è che questa mossa chiuda il processo di pace e segni la fine della soluzione dei due stati.

Dalla fine di marzo, le manifestazioni hanno già provocato decine di vittime, tutte palestinesi, uccise dalle forze armate israeliane. “Chiunque si avvicini alla barriera tra Gaza e Israele viene considerato un terrorista”, così ha commentato Naftali Bennett, il ministro dell’Istruzione israeliana.

In queste ore Gerusalemme è blindata per l’inaugurazione dell’ambasciata americana. Dei paesi europei saranno presenti solo quattro su 28 nazioni dell’Ue: Austria, Ungheria, Romania e Repubblica Ceca. Saranno assenti anche Egitto e Russia.

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Intanto le proteste si sono allargate a tutta la regione: Ramallah, Cisgiordania, Betlemme, Hebron, Nablus e Gerico.
Gli scontri di queste ore sono solo l’ultimo capitolo di un conflitto che va avanti da anni in cui i diritti calpestati del popolo palestinese – primo fra tutti quello di avere un proprio stato – si incrociano e si scontrano con il bisogno di pace degli  israeliani. Due facce dello stesso conflitto, senza fine. Mentre la comunità internazionale guarda, inerme.