La prima a farsi avanti è stata Elisabetta Portoghese, architetto paesaggista e promotrice culturale di Castelnuovo di Porto. Insieme al sindaco Riccardo Travaglini ha deciso di ospitare uno dei ragazzi “cacciati” dal Centro di accoglienza per richiedenti asilo sgomberato nei giorni scorsi. Sono 540 gli ospiti del Cara che ora rischiano di ritrovarsi per strada.

Il modello, voluto dal sindaco della cittadina in provincia di Roma in collaborazione con la Prefettura, cercherà di superare il decreto Salvini sulla sicurezza: il pre-accordo, per ora solo “verbale”, darà la possibilità ad alcuni dei migranti di essere accolti dai tanti cittadini del posto, resisi disponibili dopo l’eco mediatica di questi giorni.

I richiedenti asilo erano inseriti nel programma Sprar per l’accoglienza diffusa, ma con il DL Sicurezza voluto dal ministro dell’interno e vicepremier Matteo Salvini, il lavoro di integrazione e coesione sociale svolto dalla struttura rischia di essere annullato.

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IL “MODELLO CASTELNUOVO”

Secondo le intenzioni, gli abitanti resisi disponibili all’accoglienza, dovrebbero entrare a far parte di una sorta di albo e sottoscrivere un contratto. I servizi sociali comunali, insieme a una task-force della Regione Lazio e della Asl territoriale, in settimana hanno verificato e scremato le proposte giunte in settimana al primo cittadino, valutando lo stato dei luoghi messi a disposizione.

Ma chi resterà a Castelnuovo di Porto e dintorni “almeno per 6 mesi”? Tra questi, ci sono 4 famiglie con altrettanti minori che avevano iniziato la scuola e che almeno avranno la possibilità di concludere l’anno. Saranno ospitati altri 4 ragazzi, fra quelli che dovevano essere trasferiti, che hanno mostrato di essersi pienamente integrati, come il centravanti della Castelnuovese, Anszur Cissè, che potrebbe essere ospitato dalla famiglia di un compagno di squadra.

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Nel programma sono stati inseriti anche i 16 migranti che sarebbero dovuti comunque uscire dal Cara non avendo più diritto, in base al decreto Salvini, ad accedere al circuito di seconda accoglienza. Una grande novità che potrebbe rappresentare il precedente più importante.

La “accoglienza diffusa” ha lo scopo di evitare che le persone che terminano il loro percorso nei centri d’accoglienza possano finire per strada, ma soprattutto cerca di garantire un percorso di integrazione più efficace. Il modello di Castelnuovo di Porto ricorda il caso Riace, dove il sindaco Mimmo Lucano da 20 anni promuove percorsi lavorativi che, nel tempo, hanno consentito ai migranti di integrarsi, rendersi utili e far rinascere il borgo calabrese destinato alla scomparsa per via dello spopolamento.