Trentuno anni fa, nella strage di Capaci morirono Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli uomini della scorta. Il presidente Mattarella: «L’azione di contrasto alle mafie va continuata con impegno e sempre maggiore determinazione».

La Redazione

«La mafia è un cancro ma non è invincibile». Con queste parole, lo scorso martedì il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha ricordato il 31esimo anniversario della strage di Capaci. «Il 23 maggio di trentuno anni fa lo stragismo mafioso sferrò contro lo Stato democratico un nuovo attacco feroce e sanguinario. Una strage, quella di Capaci, che proseguì, poche settimane dopo, con un altro devastante attentato, in via D’Amelio a Palermo, nel quale morì Paolo Borsellino, con Emanuela Loi, Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Vincenzo Li Muli, Claudio Traina. A questi testimoni della legalità della Repubblica, allo strazio delle loro famiglie, al dolore di chi allora perse un amico, un maestro, un punto di riferimento, sono rivolti i primi pensieri nel giorno della memoria», ha detto Mattarella.

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«Quegli eventi sono iscritti per sempre nella storia della Repubblica. Si accompagna il senso di vicinanza e riconoscenza verso quanti hanno combattuto la mafia infliggendole sconfitte irrevocabili, dimostrando che liberarsi dal ricatto è possibile, promuovendo una reazione civile che ha consentito alla comunità di ritrovare fiducia. I criminali mafiosi pensavano di piegare le istituzioni, di rendere il popolo suddito di un infame potere. La Repubblica seppe reagire con rigore e giustizia.
L’azione di contrasto alle mafie va continuata con impegno e sempre maggiore determinazione. Un insegnamento di Giovanni Falcone resta sempre con noi: la mafia può essere battuta ed è destinata a finire», ha aggiunto il presidente della Repubblica.