Che Roma viva una fase di enormi difficoltà non è un mistero per nessuno. Altra cosa è però cercare di capire e spiegare perché per due anni, il sindaco di Roma, eletto con oltre il 60% dei consensi dei romani, sia stato l’uomo più attaccato dai partiti (tutti), dalle lobby che per 40 anni si sono divorate la Capitale, dalla stampa (renziana e non), e dal potere che nessuno aveva osato mettere in discussione finora: il Vaticano. Eppure non poco – ma non quanto basta – è stato fatto per pulire Roma da degrado e malaffare. I risultati non sono ancora visibili: Roma è tuttora sporca e il trasporto pubblico, con l’eccezione della nuova metro C, versa in condizioni più o meno disastrose. Ma è davvero tutta colpa di Ignazio Marino? E perché i suoi maggiori detrattori sono all’interno del suo Partito Democratico? A poche ore dalle sue dimissioni, intanto, una petizione su Change.org chiede che ci ripensi e ha quasi raggiunto le 10mila firme. Ma chi ha voluto la testa di un sindaco forse colpevole di non essere sufficientemente renziano, troppo a sinistra per chi sogna, alla guida di Roma, magari un esponente del futuro Partito della Nazione? Cerchiamo di capirlo ripercorrendo le fasi e le problematiche che attraversano e tormentano la Città Eterna.

L’ULTIMA GRANA: LE SPESE DI RAPPRESENTANZA

Dopo che l’amministrazione capitolina ha deciso di pubblicare on line tutte le spese sostenute dal sindaco, l’operazione “verità” si è trasformata in un vero boomerang. Si tratta di circa 20 mila euro in due anni. Una spesa decisamente bassa per il sindaco di una capitale. In particolare le spese incriminate, sono due cene, da 120 e 180 euro. Che fossero soldi spesi con i rappresentanti della Comunità di Sant’Egidio, con ambasciatori o con la moglie, lo stabilirà la Procura. Ma si tratta oggettivamente di spiccioli rispetto a quanto sono costati ai romani gli scandali che hanno travolto Roma in questi ultimi anni, Mafia Capitale in testa. In risposta alle polemiche sulle spese incriminate, Marino ha dichiarato che pagherà di tasca propria tutte le spese sostenute con la carta di credito comunale. “Ora basta polemiche – ha detto il sindaco alcuni giorni fa, prima delle dimissioni – Io continuerò sulla strada del cambiamento. In questi due anni ho speso con la carta di credito messa a mia disposizione dal Comune meno di 20.000 euro per rappresentanza, e li ho spesi nell’interesse della città. È di questo che mi si accusa? Bene, ho deciso di regalarli tutti di tasca mia a Roma e di non avere più una carta di credito del Comune a mio nome”.

INCIVILTÀ ROMANA

Sia chiaro: se Roma è sporca non è solo colpa di Ama, la municipalizzata che (mal) gestisce la raccolta dei rifiuti. È colpa anche dei tanti cittadini e turisti a cui nulla importa di tenere pulita la città e che gettano ovunque i propri rifiuti. Stesso discorso vale per chi parcheggia sulle strisce pedonali o sui marciapiedi, per chi blocca con la propria auto i passaggi dei disabili, per chi scavalca i tornelli per non obliterare il biglietto, per il conducente di autobus che insulta e minaccia un giornalista che fa il suo lavoro. La puntata dello scorso lunedì di Piazza Pulita su La7 è stato il più duro schiaffo che potesse essere dato ai romani, messi di fronte ai fallimenti di una città al collasso. Un ritratto avvilente di una Capitale – o di una sua parte importante – che che ha fatto dell’illegalità, del malcostume, della violenza – il proprio tratto distintivo.

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10 IMPORTANTI DISCONTINUITÀ DELL’AMMINISTRAZIONE MARINO

Partiamo da Malagrotta: la mostruosa discarica è stata chiusa. Lo smaltimento dei rifiuti è passato dai privati – che per anni hanno lucrato su un sistema che ha macinato milioni di euro – al Comune. Ed è stata indetta la prima gara d’appalto pubblica. Inoltre, è raddoppiata la raccolta differenziata. Roma oggi è ancora sporca, ma i risultati promettono dal Comune si vedranno nei prossimi mesi. Vedremo.
Ignazio Marino ha avuto la folle di idea di contrastare il potere della famiglia Tredicine, quella che gestisce i terribili camion bar che il sindaco ha fatto sgomberare dal Colosseo. Marino ha anche fatto saltare la Festa di Piazza Navona gestita per decine di anni dai soliti noti del racket ambulante romano. Una rivoluzione sul tema ambulanti.
Sono arrivate le prime ruspe sul lungomare di Ostia: uno schiaffo alle famiglie che per anni hanno gestito la cementificazione del litorale romano. E per l’estate 2016 Alfonso Sabella, delegato al Municipio lidense, promette grandi rivoluzioni. Sono stati pedonalizzati i Fori Imperiali e il Tridente dove sono aumentati del 50% gli introiti dei negozi.
Ignazio Marino ha aperto il libro nero dei vergognosi affitti degli alloggi comunali, in cui vivevano intere famiglie pagando solo poche decine euro al mese in pieno centro. Saranno messi in vendita ben 600 appartamenti.
Marino è certamente visto come il fumo negli occhi dai protagonosti di Mafia Capitale. Gli interessi di personaggi un tempo di casa nelle aule del Campidoglio sono crollati. Ne è dimostrazione il fatto che sia stata imposta al sindaco la scorta, nonostante le sue resistenze. Sono lontani i tempi in cui girava in bicicletta.
Per chi lavora in metro, è stato introdotto il badge da timbrare. Ora la metropolitana funziona peggio perché i dipendenti si ribellano a questa svolta. Su Atac – la municipalizzata del trasporto urbano – il problema resta enorme: nonostante il licenziamento di molti dirigenti e un nuovo management credibile resta un servizio scandaloso per la sua mediocrità.
L’ultimo, non certo in ordine di importanza, tra i nemici di Ignazio Marino è colui che nessuno aveva osato sfidare: il Vaticano. Da politico si è battuto a favore del referendum sulla procreazione medicalmente assistita eterologa e da sindaco ha approvato un atto importante promessso in campagna elettorale: il registro per le Unioni Civili. A giugno, Marino ha patrocinato e partecipato, in prima fila, al gay pride romano. Una scelta che ha provocato aspri scontri con Angelino Alfano, Ministro dell’Interno di un governo (Renzi) che – come tutti quelli che lo hanno preceduto – non ha fatto nulla in tema di riconoscimento della dignità delle coppie gay.

12.IL GOVERNO RENZI HA ABBANDONATO ROMA?

Non è un mistero per nessuno: la sicurezza delle nostre città è solo in parte competenza dei sindaci. Spetta al governo centrale attraverso il lavoro dei prefetti e delle forze di sicurezza gestite dal Ministro degli Interni. Ma allora perché nei giorni dello scandalo dei funerali al boss Casamonica, tutti si sono lanciati contro il sindaco che non era, tra l’altro, a Roma, ma in vacanza come la gran parte dei cittadini romani ad agosto? Perché nessuno ha accusato il prefetto Gabrielli – che ha poi ammesso le proprie responsabilità? Ma soprattutto perché nè Matteo Renzi nè il suo ministro degli Interni Angelino Alfano si sono esposti come avrebbero dovuto davanti ad uno scandalo che non era affatto solo romano, ma innanzitutto italiano? Non è un segreto per nessuno il fatto che ci siano zone di Roma – come il quartiere Arco di Travertino abitato dalle famiglie Casamonica – in cui nè le forze dell’ordine nè i giornalisti possono entrare. Quartieri che lo stato centrale ha apertamente deciso di appaltare alle mafie. Perché un giornalista non può avere la libertà di entrare senza essere cacciato con pietre e minacce di morte, come è avvenuto al cronista di Piazza Pulita? Dove sono le istituzioni che dovrebbero combatterle le mafie, e non fiancheggiarle?

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Renzi prosegue nella sua strategia di ri-costruzione del consenso: presenzia quasi ogni settimana agli eventi di Expo, tra vip e ostentata mondanità, evitando in ogni modo che il suo volto possa essere associato all’Italia che non funziona. Così, preferisce volare a New York per seguire la finale Pennetta-Vinci, dando forfait all’ultimo minuto alla Fiera del Levante. Forse per non affrontare la contestazione dei sindaci del Salento in guerra con il Governo per la Tap? Stesso discorso per Roma: Renzi non ha mai apertamente affrontato il tema Mafia Capitale, limitandosi a dire: “Marino dimostri di saper governare”.
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GLI APPELLI (POCHI, MA IN CRESCITA) IN SOSTEGNO DEL SINDACO

In una città per troppi anni governata dai salotti dell’alta borghesia mondana e ultra cafonal, forse non è un male che i cosiddetti intellettuali tacciano. Sono pochi quelli che si sono esposti in sostegno del sindaco. “Salvate il soldato Marino. O per lo meno non sparategli alle spalle, se potete”. Suona così l’appello che numerose personalità della cultura hanno rivolto nelle scorse settiamne al presidente del consiglio e segretario del Pd Matteo Renzi. A sottoscriverlo ci sono Furio Colombo, Tana de Zulueta, Gustavo Zagrebelsky. Perché? “Perché tra noi firmatari, persone che ragionano dall’esterno, fuori dalla politica romana, si è diffusa una notevole preoccupazione vedendo il gioco al massacro che si è aperto dopo Mafia Capitale”. L’appello, pubblicato sulla piattaforma digitale Change.org – Nessuno tocchi Marino è on line da 4 mesi e ha raccolto finora oltre 12 mila adesione di romani e romane.
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LA STAMPA ALL’ATTACCO, CON I RENZIANI IN PRIMA FILA. PERCHE’?

Sorprende, ma forse neanche troppo, che al tiro al piccione Marino siano stati e siano tuttora in prima fila numerosi giornalisti, commentatori o interi gruppi editoriali. In primis, i filo-renziani del gruppo l’Espresso. E poi ci sono le star o psudo tali del piccolo schermo. Maurizio Crozza non perde occasione di ironizzare sul sindaco Marino, deriso e descritto come un incopetente marziano di passaggio a Roma, sempre in vacanza. Nessuna gag, stranamente, però è stata riservata al ben più grave volo di stato di Matteo Renzi a New York.
Non è da meno la super renziana Repubblica. In un articolo pubblicato alcuni giorni fa sulle spese di rappresentanza del sindaco, le auto a noleggio sono diventate “limousine” e cene da 40 euro sono state descritte come lussuose. Il risultato – sorprendente – è stato leggere centinaia di commenti di sostegno al sindaco e di critica verso la Repubblica. Tanto che ad un articolo analogo, pubblicato il giorno seguente sono, è stata bloccata la possibilità di commentare.
Ha fatto discutere l’inaspettata difesa di Marino da parte del fondatore del noto blog Roma fa schifo Massimiliano Tonelli che sui costi di rappresentanza ha detto: “Il sindaco sta spendendo una media di 1800 euro al mese ed è poco. Fa pochi viaggi, poche cene, spende poco per la rappresentanza e il sindaco della Capitale non può permettersi questo. Ha pochi rapporti, deve curare di più le relazioni. Non mi sta bene che il sindaco viaggi in seconda per risparmiare 40 euro. Deve viaggiare in prima per poter fare incontri di un certo livello”.

Quanto ai tentaivi di certa stampa di denigrare Ignazio Marino attraverso polemiche fondate sul nulla, l’elenco è ormai lungo. La prima era stata la ormai celebre storia della Panda rossa: un episodio surreale poi rivelatasi infondato che doveva servire ad elininare un sindaco a pochi mesi dall’esplosione del caso di Mafia Capitale. L’ultima macchina del fango è stata costruita in occasione del viaggio del sindaco Marino a Filadelfia nei giorni in cui il papa era in America. È bastata una domanda rivolta a papa Francesco – che conteneva una chiara menzogna – per avviare una nuova ondata di veleni e fango. “Il sindaco Marino … ha dichiarato … che è stato invitato da lei”. La domanda è stata posta dal giornalista di SkyTG24, Stefano Maria Paci e conteneva una affermazione che Marino non ha mai espresso. Parole poi smentite dalla lettera, pubblicata alcuni giorni fa, contenente l’invito ufficiale dell’arcivescovo di Filadelfia, Charles Chaput, datata 29 luglio.

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