Il bilancio finora è di 2.900 morti e oltre 5.600 feriti. I soccorsi continuano ad arrivare in ritardo. Il re del Marocco ha accettato aiuti solo da 4 Paesi: Spagna, Gran Bretagna, Qatar e Emirati. A Marrakech in 300 mila dormono per strada.

La Redazione

Dopo i tre giorni di lutto proclamati da re Mohammed VI, il Marocco fa i conti con il disastro causato dal terremoto che lo scorso venerdì 8 settembre ha devastato parte del Paese e che finora è costato la vita ad oltre 2.900 persone. In molte località del Marocco si continua a scavare tra le macerie, anche se le probabilità di salvare vite umane sono ormai quasi nulle. Il bilancio dei feriti intanto è salito a più di 5.600, mentre 300 mila persone dormono accampate dove possono: per strada o nelle automobili. I turisti sono partiti e gli enormi ritardi nei soccorsi rendono ancora più drammatica la gestione dell’emergenza. Il Regno ha deciso di chiudersi e di accogliere aiuti solo da quattro Paesi: sì alla Spagna, alla Gran Bretagna, al Qatar e agli Emirati arabi, no a tutti gli altri. Eppure ci sono più di 100 task-force e 3.500 soccorritori pronti a partire da Usa, Kuwait, Turchia, Israele, Italia, Taiwan, Svizzera, Iraq e Algeria. Il Marocco non accetta nulla soprattutto dalla Francia, l’ex padrona, che ha perso quattro turisti nel terremoto.



Finora, non esiste una stima dei dispersi e il governo si è riunito in sessione straordinaria solo sessanta ore dopo il disastro. I timori sono anche per la risorsa principale, il turismo, quest’anno cresciuto del 92%. Molti gioielli del Paese sono a rischio, come la millenaria moschea di Tinmel che è ridotta a una rovina. Presentano profondi danni strutturali anche le mura di Marrakech, il minareto-simbolo di Koutoubia, l’antico quartiere ebraico di Mezlah, la moschea di Kharbouch che s’affaccia sulla Place. Ma il re non fa passi indietro e la decisione resta: «Facciamo da soli, shukran».

Foto: M.Meraji – Unsplash


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