Dall’alba di sabato le autorità greche hanno impedito l’ingresso nel Paese a 24 mila persone. Altre migliaia, forse 120 mila, sono sul confine greco turco, da quando il presidente della Turchia Erdogan ha deciso di aprire i confini ai migranti che vogliono arrivare in Europa. Secondo la Cnn turca, la polizia di Atene “spara utilizzando anche proiettili veri”. I feriti sono stati caricati su ambulanze e portati presso ospedali turchi. Anche i migranti hanno lanciato pietre contro la polizia che ha risposto con gas lacrimogeni. Il governo greco nega, ma la situazione sta precipitando.
È l’ennesimo ricatto del Sultano, costruito ancora una volta sulla pelle dei profughi: migliaia di donne, uomini e bambini sospesi sul confine. Ankara non li ferma e Atene li respinge e li arresta. I turchi accusano i greci di aver ucciso un migrante siriano e i greci accusano i turchi di minacciare consapevolmente la sicurezza nazionale di Atene e condannano a quattro anni di carcere chiunque entri illegalmente nel Paese.
In queste ore la situazione è drammatica sia al confine terrestre fra i due Paesi ma anche sulle isole greche, vicine alle coste turche. Negli ultimi giorni sono arrivati via mare dalla Turchia almeno 1.200 persone, mentre un bambino di sei anni è morto in un naufragio. La maggior parte di loro sono sbarcati nell’isola greca di Lesbo, in cui si trovano già circa 20mila richiedenti asilo e dove già da qualche tempo erano ricominciate proteste e violenze.

Sul fuoco dell’emergenza soffia ancora una volta l’estrema destra che alimenta l’ostilità degli abitanti. Oltre alle violenze messe in atto dalle forze di sicurezza greche, migranti, giornalisti e operatori delle ong vengono minacciati e picchiati da gruppi di neo fascisti vicini al partito Alba Dorata. Domenica, un giornalista del magazine tedesco Spiegel è stato ferito da militanti di estrema destra, mentre un gruppo di persone ha cercato di impedire di sbarcare a una dozzina di migranti appena arrivati con un gommone. Sembra inoltre che la Guardia costiera greca stia attaccando i gommoni dei migranti e riportando alcuni di loro in Turchia, mentre il governo greco ha sospeso l’esame delle richieste di asilo nel paese, una misura illegittima secondo il diritto internazionale, criticata anche dall’ONU.
Recep Tayyip Erdogan rivendica la sua strategia e invita l’Europa a “farsi carico della propria parte del fardello”. La principale arma usata dal presidente turco è quella relativa ai quasi 4 milioni di rifugiati siriani in Turchia. Li ha usati per chiedere più soldi all’Europa, da cui ha già ricevuto 6 miliardi di euro per contenere nel Paese i rifugiati (in base all’Accorco del 2016). E li ha usati per chiedere sostegno a Idlib contro il regime di Damasco: qui la Turchia ha ottenuto una zona-cuscinetto, nel nord-est a maggioranza curda, che Bashar al-Assad vuole riprendersi. Sotto le bombe siriane e turche, ci sono i civili che abitano la zona. Un’emergenza umanitaria di proporzioni enormi: gli sfollati di Idlib sono stimati tra i 500mila e il milione e si calcola che almeno un milione di bambini siano morti con i bombardamenti.
La sfida ai 27 di Bruxelles, Erdogan l’ha lanciata anche in Libia e sulle esplorazioni nel Mediterraneo orientale, ma ora il Sultano rischia l’isolamento.
Al confine sono arrivati i vertici dell’Ue: la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, Charles Michel, presidente del Consiglio europeo e David Sassoli, presidente dell’Europarlamento.
Von der Leyen ha annunciato uno stanziamento di 700 milioni di euro in aiuto alla Grecia: “Le preoccupazioni della Grecia sono le preoccupazioni europee – ha detto – I migranti vengono adescati con false promesse e questo non è giusto. La Grecia sta affrontando una sfida molto impegnativa”. Il presidente del consiglio europeo ha ribadito lo stesso concetto: “Le frontiere greche sono europee. Siamo venuti qui per esprimere un sostegno per quello che avete fatto con i vostri servizi di sicurezza, con i vostri team ed il vostro governo negli ultimi giorni”.