Per la prima volta si chiede l’uscita (seppur graduale) dalle fonti fossili, con la neutralità dalle emissioni entro il 2050. L’accordo è giunto a sorpresa, ma divide politica e ambientalisti.

La Redazione

Pochi giorni fa si è chiusa la ventottesima Conferenza sul clima con un colpo di scena. «Nessuno ci credeva, siamo orgogliosi del nostro lavoro. È la prima volta che i combustibili fossili entrano nell’accordo finale», ha detto trionfante il presidente emiratino Al Jaber. In effetti, nessuno ci credeva più eppure l’accordo è arrivato. Il testo riguarda i nuovi impegni condivisi a livello internazionale per contrastare il cambiamento climatico, dopo che la prima versione del testo era stata criticata perché considerata vaga e poco incisiva.

L’accordo prevede «l’allontanamento graduale» dall’utilizzo dei combustibili fossili «in modo da raggiungere lo zero netto entro il 2050, in linea con la scienza». Si tratta di una formula più blanda rispetto a quella richiesta dagli attivisti ambientalisti e dai Paesi che compongono il gruppo chiamato “High Ambition Coalition” (“Coalizione della grande ambizione”). Tuttavia, è la prima volta in 28 anni che nel documento finale di una COP si fa menzione così esplicita di tutti i combustibili fossili. Il testo riconosce anche «la necessità di riduzioni profonde, rapide e durature delle emissioni di gas serra in linea con il percorso di 1,5°C».

Il pessimismo dei giorni scorsi era legato anche agli interessi personali del presidente della COP28 Sultan Ahmed Al Jaber, che è anche l’amministratore delegato dell’azienda petrolifera statale emiratina, una delle più grandi al mondo.

Foto © via twitter.com/COP28_UAE

Ha espresso soddisfazione l’Unione europea, che guidava il gruppo dei più ambiziosi: «Il mondo ha adottato una decisione storica alla Cop28 per mettere in moto una transizione irreversibile e accellerata fuori dai combustibili fossili», ha detto uscendo dalla plenaria il commissario Woepke Hoekstra. Approvazione piena è arrivata anche dagli Stati Uniti.

Negativo è invece il commento del negoziatore delle isole Samoa, che guida l’Alleanza delle piccole isole che rischiano di scomparire per lo scioglimento dei ghiacciai. Il negoziatore si è lamentato del fatto che l’approvazione del testo sia avvenuta mentre loro non erano ancora entrati nella sessione plenaria. Hanno espresso posizioni critiche anche le associazioni ambientaliste che considerano troppo lontano il 2050 e insufficienti le promesse sulla gradualità dell’uscita dalle fonti fossili.

Il testo riconosce anche che «il fabbisogno finanziario per l’adattamento dei Paesi in via di sviluppo è stimato in 215-387 miliardi di dollari all’anno fino al 2030 e che è necessario investire circa 4,3 mila miliardi di dollari all’anno in energia pulita fino al 2030, aumentando poi a 5 mila miliardi di dollari all’anno fino al 2050, per poter raggiungere le emissioni nette zero entro il 2050».