Alle elezioni politiche di domenica in Spagna, i Popolari sono arrivati primi, ma senza la maggioranza. Flop dell’estrema destra di Vox. Clamorosa rimonta di Sanchez, che potrebbe restare Premier con sinistra e indipendentisti.

La Redazione

A fine scrutino sono 136 i seggi per il Partito Popolare, 122 per il Psoe, 33 per Vox e 31 per la nuova formazione di sinistra Sumar. La maggioranza assoluta necessaria per governare la Spagna è di 176 (su 350 deputati da eleggere), quindi nessuna delle due coalizioni, ad oggi può garantire una maggioranza di governo. Le elezioni politiche in Spagna, convocate dopo la sconfitta dei socialisti del premier Sanchez alle ultime elezioni amministrative, si sono svolte la scorsa domenica 23 luglio. A votare sono andati quasi il 70% degli aventi diritto. Le elezioni hanno assunto una grande importanza per tutta Europa e sono state seguite con grande attenzione da tutti i leader, per il rischio che al governo spagnolo potesse andare l’estrema destra di Vox, che invece ha perso nettamente, nonostante i sondaggi favorevoli delle ultime settimane.

Il dato più rilevante di questa tornata elettorale è sicuramente la sconfitta dell’estrema destra, arrivata terza con il 12,4%: Vox avrà 33 seggi, ma ne perde ben 19. La Spagna ha bocciato dunque il partito, sostenuto apertamente da Giorgia Meloni, nostalgico del franchismo. Vox è una formazione anti-europeista, è contrario alla parità salariale uomo – donna, ai diritti Lgbtq+, non riconosce il femminicidio e ha proposto di smantellare il ministero delle Pari Opportunità. Erano i grandi favoriti di queste elezioni, ma i sondaggi sono stati smentiti dai dati reali.

I Popolari vincono seppur di poco, con il 33% e 136 seggi. Come detto, però, non raggiungono la maggioranza neanche con i deputati di Vox.

I socialisti del premier Sanchez sono la vera sorpresa: dati per sconfitti da tutti sondaggi, sono al 31,7% con 122 seggi. Una rimonta clamorosa per Sanchez che ora potrebbe sperare di restare al governo, in una coalizione con la sinistra di Sumar della ministra del Lavoro Jolanda Diaz (arrivata quarta con il 12,3% e 31 seggi) e i partiti indipendentisti baschi e catalani che in gran parte sono di ispirazione progressista e socialista.

La Spagna ha votato anche per rinnovare il Senato che però non vota la fiducia al capo del governo ed è eletto con un sistema maggioritario su base regionale.

Foto: Facebook.com/sanchezperezcastejon
Foto tratta da Facebook.com/sanchezperezcastejon

Gli indipendentisti

Dai partiti indipendentisti dipenderanno le sorti del futuro governo: i più importanti sono i due partiti catalani ERC (di sinistra, con 7 seggi) e PDeCAT (di destra, 7 seggi). I due partiti nazionalisti baschi sono Bildu (di sinistra, 6 deputati) e PNV (di destra, 5 deputati). La gran parte di questi partiti ha garantito l’appoggio esterno al governo dimissionario di Sánchez.

Verso nuove elezioni?

I due leader Pedro Sanchez (Psoe) e Alberto Núñez Feijóo (Pp) e hanno annunciato di aver già avviato le consultazioni con le formazioni minori. L’unico ad oggi che potrebbe garantire un governo è il premier uscente Sanchez. Tuttavia, sommando i seggi del Partito Socialista, della sinistra di Sumar e degli indipendentisti baschi e catalani mancherebbero comunque pochi seggi per arrivare a quota 175. Tutto dipenderà dunque da cosa decideranno le altre formazioni minori. Qualora nessuno dovesse riuscire a garantire una maggioranza di governo, la Spagna potrebbe presto tornare a nuove elezioni, forse a dicembre.

Foto copertina: Wikipedia


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