Il riscatto della città pugliese parte dalle meraviglie architettoniche, fra rinascita e storie di pescatori e mitologia. Il nostro viaggio a Taranto, tra le spiagge del litorale ionico e gli incantevoli borghi della provincia.

Nel cortometraggio “Papà, uccidi il mostro”, l’attore e regista Fabio Vasco dipinge sullo schermo una realtà amara. Solo pochi minuti, in una stanza desolata di un ospedale, per raccontare la storia del piccolo Federico, scomparso nel 2014. Il suo ultimo disegno riproduce il fumo nero delle ciminiere, che dall’ex Ilva si trasformavano a tratti nei cattivi dei fumetti, pronti a succhiare la linfa vitale della città. Ma il riscatto di Taranto, oggi, parte dalla cultura, dall’arte e dalle meraviglie architettoniche di un territorio racchiuso tra due mari e che di quell’acciaieria, che ha fatto tanto discutere le cronache, conserva il ricordo di un tempo che si avvia verso la rinascita.

Già baricentro della Magna Grecia, candidata con Bari a capitale della cultura, abbracciata dal Mar Grande e dal Mar Piccolo, per la sua posizione geografica la costa tarantina di 140 chilometri è sempre stata il fulcro delle attività marinare e mercantili pugliesi. Al porto avvenivano i principali scambi commerciali mentre il centro svela le due anime cittadine: l’antico borgo ottocentesco che, separato dal Ponte Girevole, enorme struttura d’acciaio situata su un canale navigabile, avanza verso l’avanguardismo edilizio di stampo moderno. Un capolavoro ingegneristico che ha incantato addirittura il poeta vate Gabriele D’Annunzio il quale, nelle sue “Laudi”, scrisse versi di ammirazione pensando all’entrata delle navi nella darsena ionica quando il gigante buono, mediante i suoi ingranaggi, si divideva per consentirne il passaggio. Fra palazzi d’epoca e costruzioni contemporanee.

Il Castello Aragonese e i vicoli del centro storico, Taranto. Foto © Mauro Orrico

Sull’isolotto, ammirabile passeggiando per il lungomare dove le sfumature del tramonto regalano inconfondibili suggestioni agli amanti della fotografia, il Castello Aragonese è una piccola-grande perla che emerge dalle acque. Nato come roccaforte di protezione contro i Saraceni e la Repubblica di Venezia, fu edificato nel 780 con alte torri per avvistare i nemici e dalle quali, secondo gli storici, si lanciavano non solo frecce e lance ma anche olio bollente per scongiurare possibili attacchi. Alla fine del 1400, il re di Napoli Ferdinando d’Aragona, detto Don Ferrante, commissionò all’architetto Francesco Giorgio Martini l’ampliamento della fortezza, che assunse una forma quadrangolare, modificandone lo stile medievale per utilizzare i cannoni in battaglia.

Cattedrale e Cripta di San Cataldo. Foto © M. Orrico

A spasso per le vie di Taranto, tra bellezze che sembrano cristallizzate, si incontrano piazze affiancate da una miriade di cattedrali e chiese. Come quella di San Cataldo, che ne custodisce le reliquie all’interno della cripta, la più antica dei siti sacri salentini e risalente al X secolo ad opera dei Bizantini. Inizialmente era dedicata a Maria Maddalena. C’è chi sostiene che fosse in principio un santuario abitato dai monaci. L’assetto basilicale odierno, invece, si attribuisce all’influenza normanna, la tipica facciata baroccheggiante è degli inizi del ‘700, progettata dal leccese Mauro Manieri che fu uno dei massimi esponenti della corrente artistica.

Miti svelano la nascita della città, ma a parere di alcuni sono solo leggende elleniche destinate a creare un’aura divina intorno alla sua fondazione. La più nota coinvolge il valoroso Taras che, figlio di Poseidone e della ninfa Satyria, approdò con la sua imbarcazione su un fiume successivamente ribattezzato con il suo nome. Sulle rive del corso d’acqua cominciò a sacrificare animali per ringraziare il padre del buon viaggio intrapreso e propiziare l’edificazione di una nuova città in quel luogo. Ad un tratto, vide saltare un delfino nelle acque del fiume e interpretò questa apparizione come il segno del favore di Nettuno, del suo incoraggiamento a fondare la città. La chiamò Saturo per omaggiare o la madre Satyria o la moglie Satureia, località che ancora oggi porta questo nome. Un giorno, mentre era intento a fare sacrifici, cadde nelle acque del fiume e il suo corpo non venne mai trovato. Sulle antiche monete di Taranto è raffigurato Taras a cavallo di un delfino ed entrambi sono oggi rappresentati nello stemma civico della città, riconosciuto ufficialmente il 20 dicembre 1935 da un decreto reale.

Tempio Greco Arcaico, Piazza Castello e Chiesa di San Domenico. Foto © M. Orrico

Camminando per i vicoli, le suggestioni della mitologia rimangono ancorati a quel che resta del Tempio di Poseidone, in piazza Castello. A pochi passi sorge la Chiesa di San Domenico, creata sui ruderi del V secolo a.C. di un arcaico tempietto greco: il complesso monumentale, popolato dai benedettini fino al 1200, venne abbandonato dopo essere stato consacrato a San Pietro Imperiale. Tocchi gotico-romanici e barocchi caratterizzano il rinnovato edificio del 1302 che, con l’insediamento dei padri domenicani, fu rinominato in onore del predicatore spagnolo Domingo di Guzmán, proclamato santo nel 1234. Da non perdere, fra le tante abbazie, uno dei luoghi di culto più significativi, situato in via Cavour: è la chiesetta neogotica di San Francesco da Paola al Borgo, quasi celata dal Palazzo Cecinato e realizzata su commissione del signorotto Angelo, rimasto illeso in seguito alla caduta in un pozzo e che, per il miracolo ricevuto, decise di costruire quello che gli studiosi hanno definito “Il Piccolo Duomo di Milano”.

MarTA – Museo nazionale archeologico di Taranto. Foto © Soprintendenza Archeologica della Puglia

Gli appassionati di archeologia e storia antica si lasceranno guidare in uno splendido tour al MarTA, il Museo nazionale archeologico, uno dei maggiori musei italiani dedicati all’archeologia, che custodisce tesori inestimabili come gli splendidi Ori di Taranto. Il Museo ha sede nell’ex Convento di San Pasquale di Babylon, nei pressi dei Giardini di piazza Garibaldi, e ospita una delle più importanti raccolte archeologiche d’Italia. Nelle sale dei piani rialzati, oltre duecentomila reperti e manufatti vanno dalla Preistoria al Medioevo: il percorso di visita segue un ordine cronologico a partire dal V millennio a.C.
Di epoca romana sono le sculture e terrecotte figurate, gli utensili e le oreficerie d’ogni genere. Da non perdere è l’incredibile tesoro degli Ori di Taranto, vera e propria antologia dell’arte orafa di età ellenistica, e il millenario Atleta di Taranto. Personaggio dall’identità misteriosa, di cui è stata recuperata completamente la sepoltura dalla necropoli, il suo corpo è conservato come un rarissimo cimelio. L’uomo del 500 a.C. è stato ritrovato in una tomba scoperta 50 anni fa vicino a via Genova e in mano aveva un alabastro contenente unguenti e oli profumati usati dagli sportivi ai tempi dell’Antica Grecia. Assieme alla salma del campione, visibile tramite il riflesso prodotto dalle luci sulle pareti specchiate che sormontano il feretro, fu ritrovato un trio di anfore.

MarTA – Gli Ori di Taranto. Foto © Giorgia Esposito

Il fascino fiabesco di Taranto emerge nella romantica storia di Skuma (Schiuma), bellissima ragazza innamorata e sposata con un aitante pescatore. Un signorotto se ne innamorò, riuscendo un giorno a sedurla in assenza del marito occupato a lavorare. La fanciulla confessò il tradimento al consorte che la fece salire in barca per farla poi annegare tra le onde, perché incapace di nuotare. Soccorsa dalle sirene, queste la incoronarono loro regina. Tuttavia l’uomo, consapevole, disperato e pentito del suo gesto, si recava spesso nel punto in cui l’aveva persa per piangere. Le creature mitologiche lo condussero sott’acqua dalla moglie, che decise di non farlo morire. Risvegliatosi da quello che sembrava un incubo, il marinaio desiderava riabbracciare la sua amata e si rivolse ad una fata che gli suggerì un segreto per poter liberare la donna dagli abissi: avrebbe dovuto cogliere un candido fiore di corallo da consegnare alla maga. Per distrarre le sirene che dimoravano nel castello, Skuma acquistò gemme e pietre preziose che ingolosirono le sue nuove amiche dalla coda di pesce. Rubò il pegno floreale e, insieme allo sposo, riuscì a fuggire. Ritrovandosi con lui mano nella mano sulla spiaggia, uniti nell’amore come una volta. Le sculture che sugli scogli riproducono le sirene sono capolavori dell’artista Francesco Trani, alcune sono visibili accanto al Molo Sant’Eligio, altre dalla Rotonda Marinai d’Italia.

La Street Art rigenera Taranto

La riqualificazione urbana a Taranto passa indissolubilmente dalla Street Art con il progetto T.R.U.st (Taranto Regeneration Urban and Street) che illumina con una luce diversa, abbagliante di fiducia e speranza, il quartiere Paolo VI, i muri della biblioteca comunale Pietro Acclavio e della palestra Ricciardi. Uno spazio espositivo en plein air con murales e opere di artisti di strada, fortemente voluto da Giacomo Marinaro, uno degli ideatori della manifestazione “Gulìa Urbana” con Matteo ed Andrea Falbo. I creativi Alice Pasquini, Tony Gallo, Cheone, Dimitris Taxis, Checko’s Art e Uno hanno deciso di aderire all’iniziativa dell’associazione Rublanum, made in Calabria nel 2012. L’obiettivo era quello di recuperare, attraverso il graffitismo, le aree metropolitane degradate, dismesse e meno valorizzate. L’intervento di Cheone sulla facciata della biblioteca Acclavio è un omaggio allo scrittore locale Alessandro Leogrande, cronista scomparso a 40 anni nel 2017, considerato un faro per l’impegno nel sociale e per le inchieste sull’illegalità nel Meridione, dal caporalato alla tratta degli schiavi nelle campagne del Sud. Taxis ha invaso con pittoriche ed immaginarie figure femminili un intero muro. Il padovano Gallo ha prodotto “Sogni d’oro amici miei”, una parete muraria di circa 30 metri su cui ha disegnato teneri peluche. Un altro tributo a colori, firmato dal writer Michele Marraffa alias Nocci, è quello alla piccola e indimenticata Iena Nadia Toffa apparso in via Lago di Monticchio, nel rione Salinella, per ringraziare la giornalista e le sue innumerevoli lotte all’inquinamento, sostenendo e supportando con il suo operato i bambini malati di cancro. (Foto © Progetto T.R.U.st)

Non solo Street Art: Taranto guarda al futuro anche attraverso la musica. Dal 15 al 19 settembre prossimi, infatti, presso La Rotonda del Lungomare, la città ospiterà Medimex 2021, con incontri d’autore, mostre, proiezioni e tanta musica internazionale con Laurie Anderson, Ligabue, Negramaro, Joe Talbot (IDLES), Malika Ayane, Alan Mc Gee, Kevin Cummins, Mahmood, Max Casacci, Coma Cose, Motta e molti altri.

Cosa visitare in provincia
Martina Franca. Foto © Antonio Leo
Martina Franca. Foto © Antonio Leo

Non si può andare via da Taranto senza aver attraversato e scoperto le bellezze della provincia: paesaggi rupestri e spiagge da sogno, borghi e villaggi dalle tradizioni antichissime che sopravvivono ancora oggi.

Tappe imperdibili, a pochi chilometri dal capoluogo, sono i borghi di Grottaglie, fucina dei talenti ceramisti, Martina Franca e Maruggio.
Raggiungibile in bicicletta, attraversando 24 chilometri fra masserie e uliveti secolari, Grottaglie è una delle capitali internazionali per la lavorazione della ceramica. A piedi si giunge al quartiere dedicato ai maestri che modellano l’argilla lungo la Gravina di San Giorgio, che vive di botteghe artigiane e atelier. Piazza San Francesco De Geronimo offre, con la corte del trecentesco Castello Episcopio, scorci tutti da immortalare. L’ex Convento dei Cappuccini del XVI secolo è solito ospitare mostre ed eventi. Poi, la Chiesa Madre con la sua facciata tardo-romanica e la cupola della Cappella di San Ciro con le tradizionali maioliche.
In dialetto Martène, dalla venerazione popolare per San Martino di Tours a partire dal Medioevo, Martina Franca è uno scrigno pieno di tesori barocchi, affacciato sulle colline delle Murge meridionali. La Basilica di San Martino in piazza Plebiscito, il secentesco Palazzo Ducale della nobile famiglia Caracciolo in piazza Roma, la Porta di Santo Stefano in piazza XX Settembre e il Conservatorio di Santa Maria della Misericordia, già Palazzo Turnone, sono solo alcuni dei posti e monumenti iconici che chi si reca nel centro storico non può non visitare oltre al trullo della Villa comunale immersa nel verde.

Martina Franca. Foto © Antonio Leo
Martina Franca. Foto © Antonio Leo

Fondata nel I. secolo d.C. sulle colline del Salento per essere invisibile agli attacchi dei Turchi, Maruggio è considerato uno dei borghi più attraenti dello Stivale grazie alle mura difensive medievali e al mosaico di viuzze che conducono al Palazzo dei Commendatori del 1368, con la Cappella della Madonna della Visitazione, e non distante la Chiesa Madrice del 1400, in dedica alla Natività della Vergine. La Torre dell’Orologio, della seconda metà dell’800, è attualmente il memoriale dei caduti e delle vittime degli ordigni bellici. Casupole color latte e palazzetti aristocratici del 1600 lasciano il passo a trulli e ampie vallate. E, dalle terrazze, il panorama è una gioia per gli occhi.

La provincia di Taranto è soprattutto il suo splendido mare. Come non fare un salto in barca sull’arcipelago delle Isole Cheradi, San Pietro e San Paolo: l’escursione per vedere in battello i delfini è un’esperienza che le famiglie con i bimbi apprezzeranno sicuramente. Le acque cristalline dello Ionio, la macchia mediterranea, l’odore della salsedine, da Marina di Pulsano sino alla Riserva naturale di Campomarino – frequentata dalla comunità naturista con le sue dune di interesse comunitario e le basse scogliere a picco – sapranno stregare i viaggiatori con paesaggi che rimandano ai paradisi tropicali. A San Pietro in Bevagna, si scoprono importanti riserve naturali: il fiume Chidro, che nasce da un profondo cratere subacqueo, la vecchia Salina dei Monaci, dalle acque fredde e separata da alte dune da Torre Colimena.

In foto, dall’alto: Marina di Pulsano © Carlos Solito.  Maruggio, Dune di Campomarino © Peppe Allegretta

Magna Grecia, Murgia e Terra delle Gravine: siamo nel regno dell’archeologia, tra i Comuni dell’antica capitale Taranto, tra itinerari sotterranei, tesori nascosti, castelli e cattedrali romaniche. Qui le gravine rendono unico il paesaggio, tra i canyon più grandi d’Europa, disseminati tra Massafra, Crispiano e Gravina in Puglia. Gli amanti dei siti archeologici di cui la Puglia è ricchissima ameranno sicuramente Torre Saturo a Leporano. A Nord, percorrendo le strade di Massafra, risaltano edifici ecclesiastici rupestri, ricavati mediante scavi nelle grotte e nelle gravine di origine antropica: peculiarità che hanno valso al comune il titolo di Tebaide d’Italia. Imperdibile la Chiesa della Candelora, costellata di circa 40 scalini rocciosi, e le cripte di San Leonardo e Sant’Antonio Abate.

Taranto a tavola

Dal dolce al salato, come nel resto della Regione, anche la tradizione enogastronomica della Magna Grecia è ricca e gustosa, bagnata dallo Ionio e resa unica dalle colture della sua terra. Piatto tipico di Martina Franca, ma diffuse in tutta la Puglia e in particolare nel tarantino, le Bombette sono involtini di carne ripieni che, una volta addentati, esplodono in bocca come fuochi d’artificio. Martina Franca però è anche nota, a tavola, per il celebre Capocollo che è anche un Presidio Slow Food. Nella preparazione, si valorizza la parte nobile del maiale che sta tra collo e costata. I prodotti caseari del tarantino e della Valle d’Itria, dai formaggi ai latticini, dalle ricotte alle burrate, sono ormai conosciuti ed apprezzati a livello internazionale. Non esiste sagra, festa di paese o osteria tradizionale che non abbia i pezzetti di cavallo al sugo nel suo menù. Immancabile poi è il ciambotto, così chiamato in tutta la Puglia, una zuppa di pesce, mitili, crostacei e verdure. Probabilmente “inventato” dai pescatori ionici, è ottimo da gustare nei tanti ristorianti e trattorie di pesce da Campo Marino a Punta Prosciutto.

Le delizie della cucina pugliese e tarantina non possono che essere gustate con un bicchiedere di buon vino regionale. I vini di Puglia raccontano una storia di eccellenza. Grazie alla sua indiscussa qualità, il vino rosso pugliese è esportato e amato in tutto il mondo. Tipico dell’area tarantina è il celeberrimo Primitivo di Manduria (vino Dop e Docg), uno dei simboli dell’enogastronomia pugliese. Dai vitigni della zona derivano anche il bianco Verdeca e il rosso Negroamaro.

Testo di Gustavo Marco P. Cipolla
Foto di Mauro Orrico, Antonio Leo, Progetto T.R.U.st, Carlos Solito

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