Irene ha imparato cosa vuol dire diventare Grandi sul palcoscenico di Sanremo. E con la grinta di sempre, supportata da una rinnovata maturità stilistica, scende le scale del Teatro Ariston godendosi gli attimi che la separano dall’esibizione, prima di aprire la 70esima edizione della manifestazione canora guidata da Amadeus. “Finalmente io” è un po’ il dono che si è fatta per festeggiare i suoi 25 anni di carriera nella musica. L’album “Grandissimo”, in uscita il prossimo 14 febbraio, è il suo personale riconoscimento per il percorso artistico in continua evoluzione di un’amatissima “rockettara popolare”. Il 19 e 20 giugno, al Circo Massimo di Roma, aprirà i due concerti di Vasco Rossi, autore del suo brano sanremese insieme a Roberto Casini, Gaetano Curreri e Andrea Righi.

Un grande ritorno a Sanremo…
Sono felice di esserci di nuovo perché la canzone di Vasco è un regalo immenso per il mio 25esimo compleanno nella musica. Molto emozionante aprire il Festival, sono stata onorata. Ero nervosa, certo, però il sentimento di gratificazione dovuto al compito che mi è stato riservato dagli addetti ai lavori, e che è sempre un po’ impegnativo, ha prevalso. La tensione è alta, l’ho preso come un segno di fiducia nelle mie capacità per dare il meglio sui palchi più importanti. Ringrazio tutti per la scelta che mi ha permesso di spiccare il volo.

Presentarsi in gara con un testo di Vasco Rossi è un po’ come avere le spalle coperte?
C’è una sensazione di forza nelle sue canzoni, anche nella sua musica e in quello che mi propone. Riesce a tirare fuori la grinta che tutti conoscono e che cavalco volentieri. Mi è piaciuto spaziare nella mia carriera, a volte variando dal 2010 in poi. Credo che uno dei miei pregi sia quello di essere abbastanza eclettica nel modo di propormi. C’è stato Stefano Bollani, così come il progetto interessante con i Pastis che ha caratterizzato una pausa nella mia poetica. Per poi tornare a casa da una Irene che conosco, che amo e che ho voluto ricondividere con la gente.

Irene Grandi. Foto © Arash Radpour

“Finalmente io” è diverso da altri pezzi che Vasco ha scritto per lei. Questo è molto nelle sue corde, a tal punto che avrebbe potuto interpretarlo lui…
Sono ancora più orgogliosa di poter interpretare un pezzo che Vasco avrebbe potuto tenere per sé. Mi è piaciuta molto l’idea che una canzone potesse raccontare anche cosa un artista può provare. Il disagio, il senso di errore e mancanza che noi esseri umani cerchiamo di colmare nella nostra vita. I cantanti hanno l’opportunità, che non devono perdere, di trascendere il senso di inadeguatezza perché quando siamo sul palco ad esibirci è come se ci trovassimo in uno spazio senza tempo. Un momento di assoluto. Avrebbe potuto cantarlo, ma penso che nel pezzo ci sia una sfumatura femminile e affascinante per una donna. Un po’ la sirena che attrae con la sua voce. Vasco ha colto la sottigliezza e immagino che abbia deciso di affidarmelo proprio per questo.

Per la serata delle cover ha scelto “La musica è finita”, perché?
Ho scelto una canzone degli anni ’60, un po’ a contrasto con l’inedito. Ha un tempo più lento, è un brano melodico e meno energico scritto da Umberto Bindi e Franco Califano, due grandi che ricollego a Vasco perché, nell’immaginario, sono gli autori maledetti che hanno la sensibilità e la malinconia dell’uomo di strada. La cantò Ornella Vanoni, un’icona per la donna e per la cantante. Però per me è anche un omaggio, che ho fatto accanto a Bobo Rondelli, ai compositori fuoriclasse che non appartengono a nessuna scuola.

Irene Grandi e Bobo Rondelli

Sul palco Rula Jebreal ha detto “lasciateci essere ciò che vogliamo essere”. Cosa ne pensa?
“Finalmente io”, un titolo bellissimo secondo me, è una dichiarazione di presenza, di essere se stessi. Sono molto felice di ritornare al Festival con questa canzone. Spesso ho dichiarato che sarei andata all’Ariston solo quando avrei avuto qualcosa che in quel momento mi rappresentasse davvero. Dopotutto siamo artisti sempre in evoluzione, è un dato fondamentale cambiare per essere nuovi. Qualche tempo fa, probabilmente, non mi sentivo così “io” come adesso.

Sono passati 20 anni da “La tua ragazza sempre”, l’ultimo brano scritto da Vasco per lei…
Nella canzone che porto a Sanremo si parla di una donna grintosa e forte che è fiera della propria individualità e difende la sua idea di essere se stessa. Così come ne “La tua ragazza sempre”, che però lo dichiarava all’altro. Ora quella ragazza si guarda e, vedendosi dall’esterno, è consapevole del bisogno di piacersi da sola. Un testo che segue quella linea, ma sicuramente più maturo.

Foto © Arash Radpour

Vasco ha un grande successo digitale. Riuscirà anche lei a conquistare un pubblico più giovane?
Penso di sì, perché è una canzone che parte a schiaffo, con un’immagine forte. Forse è da persone adulte entrare piano nel pezzo. I più giovani, probabilmente, hanno voglia di ascoltare qualcosa che li travolga. Secondo me “Finalmente io” possiede questa caratteristica, considerazione fatta anche dai miei amici nei numerosi messaggi che ho ricevuto. Per loro un vortice di emozioni. Vasco ha questo tipo di seguito, quindi magari potrei averlo anche io.

Non pensa che la canzone le sia stata cucita addosso?
Sì, ci è voluto del tempo prima che fosse confezionata su misura perché l’autore (ride, ndr) non si accontenta mai. Vasco è molto riflessivo e ha aspettato il momento e l’ispirazione giusti per un brano che mi descrive per quella che sono veramente. Penso di piacergli per questo.

Il palco dell’Ariston è sempre un’emozione?
C’è sempre un po’ di nervosismo ma è necessario per concentrarsi. L’esperienza, il bello di diventare Grandi è che si impara a gestire meglio la tensione. Ho fatto tutto con calma prima di esibirmi, mi guardavo intorno, me la sono goduta senza prenderla di corsa. E mi sento fiera per la gestione delle emozioni, una crescita personale che mi riconosco.

Foto © Arash Radpour

Quando Rossi l’ha chiamata invece?
La scintilla è partita subito. Mi ha chiamato e mi ha detto “forse ho il tuo pezzo per Sanremo”, sapeva che desideravo andarci. Poi mi ha chiesto di vederci dopo un paio di giorni, ero molto contenta. Mi ha accolto in studio con un grande calore, come solo lui sa dimostrarmi. Ed è stato altrettanto bello incontrare tutta la squadra e sentire da subito come questa canzone, che non è esattamente da primo ascolto perché la si può apprezzare di più al secondo o al terzo, ha conquistato tutti.

Un Festival che ha puntato molto sulle donne, si sente responsabile nel rappresentarle?
Non ho mai fatto distinzioni di genere. Fino agli anni ’90 il mondo della musica è sempre stato prevalentemente maschile e si faceva fatica ad emergere. Oggi è importante ritrovare un equilibrio nel rapporto uomo-donna considerando i gravi fatti di cronaca che rendono l’argomento scottante in tutti gli ambiti. Nel campo dello spettacolo mi sembra che sia un periodo favorevole perché le quote rosa stanno aumentando in termini di numeri e importanza. In passato, a pensarci bene, c’erano solo Mina, Ornella Vanoni e Rita Pavone. Il panorama musicale si sta aprendo sempre di più alle cantautrici e l’universo autoriale al femminile è in crescita. Quindi forza ragazze, continuiamo così! Non sono d’accordo con tutte le polemiche sanremesi, consideriamo che per questo Festival 200 brani sono stati presentati da uomini e appena 40 da donne. Quindi è normale che ci sia un po’ di differenza nel numero di partecipanti.

Il 14 febbraio uscirà per Cose da Grandi e Artist First “Grandissimo”, il suo ultimo album…
Un disco per festeggiare i miei 25 anni di carriera. Abbiamo lavorato molto sul live questa estate con concerti bellissimi proprio per promuovere quella parte dal vivo che in tanti conoscono. Un album celebrativo, ho voluto riconoscermi un percorso fatto anche attraverso rinnovate collaborazioni con l’universo femminile. Quattro duetti sono stati realizzati con artiste. Ci sarà anche un altro inedito che uscirà successivamente, sempre firmato dal team di Gaetano Curreri e Andrea Righi. Un compleanno prolungato nel tempo, un quarto di secolo e di crescita nella musica, per chi mi ascolta e mi segue dagli inizi.


Di Gustavo Marco Cipolla
Calabrese, della sua terra porta con sé il ricordo e l’abitudine di tornare se ne ha voglia. Arte, Musica e Moda sono le tre (dis)grazie che lo accompagnano. Una laurea in Relazioni Internazionali, due master in giornalismo, tanti corsi e (ri)corsi di specializzazione, ma non ha ancora finito di imparare. E non finirà mai.