Il 7 aprile, i medici della Lombardia hanno inviato una lettera aperta al Presidente della Regione Attilio Fontana e alla sua giunta, per la “mala gestione” dell’emergenza coronavirus. Secondo la Federazione degli ordini dei Medici chirurghi e degli Odontoiatri della Lombardia, l’epidemia non sarebbe stata gestita nella maniera opportuna dalle istituzioni regionali. Una denuncia pubblica, difficile da contraddire. I numeri parlano chiaro: con oltre 13 mila morti e 73 mila casi totali, la Lombardia è la regione più colpita nel mondo (le vittime totali sono 210 mila nell’intero pianeta).

Il quadro che emerge è una fotografia drammatica di una regione travolta da errori, ritardi e lacune. La petizione “Commissariare la Lombardia” intanto vola sui social: lanciata su Change.org da “Milano 2030”, l’iniziativa ha raccolto più di 76 mila firme e decine di migliaia di tweet.

Il governatore Fontana nega ogni responsabilità o errore e non perde occasione di polemizzare con il governo centrale. L’ultimo scontro – con l’esecutivo e con le regioni del sud – è stato sui tempi delle riaperture che la Lombardia voleva accelerare, ma pochi giorni prima era stato lo stesso Fontana a bloccare la prima riapertura delle librerie decisa dal governo. Fin dall’inizio dell’emergenza, la schizofrenia nella gestione dei tempi è stata in linea con quella del leader del suo partito Matteo Salvini che tra riaprire in fretta e chiudere tutto, ha cambiato idea ben 4 volte in 15 giorni.

Matteo Salvini e Attilio Fontana. (Foto: Portale Lombardia)

Attilio Fontana ha seguito la strada opposta rispetto a quella del suo collega veneto Luca Zaia, che invece ha puntato su test e tamponi, monitoraggio e tracciatura. Anche i risultati sono opposti: il Veneto, come l’Emilia Romagna – altra regione molto colpita – è riuscito a tenere sotto controllo contagi e decessi.

Ma in cosa, precisamente, la regione Lombardia ha sbagliato e cosa è successo davvero?

Tutti gli errori della Regione Lombardia

• Troppa sanità privata, pochi posti in terapia intensiva
È la premessa necessaria: il sistema sanitario lombardo – che ha visto tagliare sempre più fondi alla sanità pubblica a favore di quella privata – è stato, negli ultimi anni, al centro di numerosi scandali e inchieste che hanno portato ad arresti e condanne di amministratori, direttori sanitari e politici del centro destra e in particolare della Lega Nord.
Con l’emergeza Covid, il sistema ospedaliero è andato subito in crisi. A ridosso del 21 febbraio, con i posti letto delle Terapie intensive sottodimensionati (8,5 su 100 mila abitanti contro i 10 dell’Emilia e del Veneto) e il 30% in gestione alla Sanità privata convenzionata, la Regione ha dovuto contrattare la loro attivazione con gli ospedali privati. Il sistema della Rianimazione è andato così in crisi. I lombardi intanto pagano a caro prezzo “l’eccellenza privata”: è di poche ore fa la notizia che il San Raffaele ha effettuato tamponi al prezzo di 120 euro l’uno. La clinica si è giustificata parlando di “disguido” e ha promesso rimborsi ai pazienti.

• La strage nelle Rsa
È il dato più drammatico. Pazienti covid anziani trasferiti nelle rsa e lasciati morire con personale sanitario non attrezzato e parenti fatti entrare senza mascherine “per non spaventare gli anziani”. Solo nella provincia di Bergamo si sono registrati 600 morti su 6000 ospiti in un mese. Sull’ormai tristemente celebre Pio Albergo Trivulzio e sulle altre rsa sono state aperte inchieste della Magistrtura per omicidio colposo plurimo ed epidemia colposa, mentre piovono le denunce dei parenti delle vittime.

• La mancata chiusura di Nembro e Alzano, i due focolai nella Bergamasca
Nonostante la raccomandazione del 2 marzo dell’Iss, per quasi una settimana nessuna autorità ha deciso sulla chiusura dei primi due focolai nella Bergamasca. Inizialmente Attilio Fontana ha negato di avere l’autorità per istituire le zone rosse senza l’intervento del governo. Ma avrebbe potuto farlo come hanno fatto poi altre regioni come il Lazio, la Basilicata e la Calabria, nei cui territori, con ordinanza, sono state create “zone rosse” limitatamente al territorio di specifici comuni.

• La mancanza di dati sull’esatta diffusione dell’epidemia
Il motivo è legato alla decisione di eseguire i tamponi solo ai pazienti ricoverati e alla diagnosi di morte attribuita solo ai deceduti in ospedale. I numeri reali pertanto sono sicuramente diversi da quelli ufficiali, ma non si conoscono.

• La scarsa fornitura di protezioni individuali per i sanitari
Molti medici del territorio e personale sanitario si sono ammalati. Ciò ha causato la morte di numerosi colleghi, la malattia di numerosissimi di essi e la probabile e involontaria diffusione del contagio, specie nelle prime fasi dell’epidemia.

• L’assenza dei tamponi a chi è stato in contatto coi malati
A molti parenti che hanno accudito i malati in casa non sono stati effettuati i tamponi così come non sono state effettuate cure o misure di prevenzione come gli isolamenti dei contatti.

• L’assenza di tamponi agli operatori sanitari del territorio
Soprattutto i medici di base non hanno avuto la possibilità di essere sottoposti al test. Questo ha comportato l’ulteriore rischio di diffusione del contagio.

• L’ospedale Fiera Milano serve davvero?
La Regione ha puntato tutto sulla costruzione dell’ospedale nella ex Fiera di Milano in meno di due settimane: inaugurata il 31 marzo, oggi la Terapia intensiva inizialmente presentata come in grado di ospitare 600 posti letto, conta solo 10 malati. L’ospedale è costato 21 milioni di euro.

• L’eccesso di protagonismo di Fontana e Gallera
Forse in preda alla paura di perdere consensi, Attilio Fontana non ha perso occasione di polemizzare contro il governo. Il suo presenzialismo televisivo è stato però un autogol. Il caso più emblematico, l’inaugurazione dell’ospedale Fiera Milano, celebrata in pompa magna attraverso una conferenza stampa affollata di giornalisti e ospiti, in barba alle norme sul distanziamento sociale. Sui social l’effetto boomerang è stato immediato.

• La gestione schizofrenica dei tempi
Martedì scorso, il governatore della Lombardia aveva azzerato nella sua regione la cauta disposizione del governo sulla riapertura delle librerie. Troppi rischi di contagio, aveva detto Fontana, troppi potenziali contatti. Ma pochi giorni dopo, lo stesso Fontana ha annunciato di voler riaccendere tutte le attività, private e industriali, in sole due settimane, rimproverando il governo di “lentezza”. Troppi, repentini cambi di posizione che danno la percezione di una gestione politica più interessata agli umori dell’elettorato che alla tutela della salute pubblica.

 

Di Mauro Orrico
Salentino di origine, romano di adozione, è laureato in Scienze Politiche (La Sapienza) con Master in Tutela Internazionale dei Diritti Umani. Ha lavorato per Rai3 e La7d. Da 12 anni è anche organizzatore di eventi di musica elettronica e cultura indipendente. Nel 2014 ha fondato FACE Magazine.it di cui è direttore editoriale..